BREVE VIDEO DI " VITE PARALLELE" di Wainer Mazza da Mantova TV                   

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WAINERINO “ ( si presenta )

Ciao papà Wainer.

Mi chiamo Wainerino e mia mamma mi ha detto che sono tuo figlio fin da quando sono nato e che non ci sono dubbi perché mi şmèio a te in tutto e per tutto.                                                                                                               Lei insistisce tanto che da adesso che ti vedo ci credo anch’io e squaşi squaşi sono contento di conoscerti e di essere uno dei tuoi figli.

Mia mamma è la Paolina di Sustinente , ma forse tu non ti ricorderai gnanca di lei, per tutte quelle donne che hai incontrato nelle tue turnèt in provincia che dopo quelle si imbaghivano di te e alla fine tu le lasciavi incinta nei loro paesi di origine.

Ma la mamma dice che ha sempre un bel ricordo di te e ancora ti ringrazia perché l’hai messa in stato e perché altrimenti non avrebbe trovato nessun altro con quel coraggio ed io non sarei gnanca nato.Allora mi sento di ringraziarti anch’io e quel ch’è stato è stato e non se ne parli più.

Piuttosto di devo dire che da quando so di essere tuo figlio mi sento anche un po’ orgoglioso per avere un padre così conosciuto e quando ti vedo sui giornali o in televisione mi scappa volentieri la pipì e mia mamma mi sgrida perché mi dice che a 18 anni non si fanno certe cose di quel genere lì.

Eh sì , caro papà, io ho già compiuto 18 anni ma come vedi sono ancora molto piccolo e non voglio neanche crescere perché dicono che più cresco più divento cretino.

A me piace rimanere così e intanto ne combino di tutti i colori e quelli che sanno che sono tuo figlio dicono : “ ma tant al sa şmèia töt a sö pàdar “.

Ma papà , come è bello avere un papà come te e come sbandiera la mamma dice che ho tutta la tua indòle artistica che quando sono nato al posto dei vagiti gridavo a squarciagola “ Munticiana, Munticiana, Munticiana “.

Poi crescendo ho anche studiato e ho fatto l’elementari delle scuole in 10 anni e le medie in 8 tanto che adesso ho un bel diploma che mi permette di non essere assunto da nessuno perché mi dicono che sono fuori quota e di testa.

E allora sai cosa faccio ? Io non me la prendo e vado in giro tutto il giorno sugli argini del Po a cantare le tue canzoni e a dare dal bèch a tutti gli uomini che incontro che poi quelli si grattano la testa anche col cappello e poi mi scancherano.

Ho anch’io ,sai, la mia chitarrina ma a suonarla mi fanno male i diti e poi non capisco quando c’è da cambiare gli accordi e allora la mamma mi ha mandato a scuola da Luigi , Severino e anche il Bianco ma tutti han detto “ ch’a sun an testùn e chl’è mèi cha vaga a scülasàr li rani “.

Io ti dico “ ch’i’è lór ch’a capés pòch e i capés mìa il mio talento “ .

Ma per cambiare musica mi sono messo adritùra a scrivere delle belle poesie che copio dalle tue e che mi danno soddisfazione perché nessuno le capisce, ma a me sta bene così perché sento di şmiàrmi sempre più a te, caro papà.

Eh lo so , lo so che adesso tu sei al culmine delle tua corriera e che la gente ti chiama ancora volentieri perché spendono poco e tu tra una cazzata e una canzone gli risolvi il problema della serata e così loro sono contenti, ma sei contento anche tu perché con quei soldini ti prendi altre chitarre e dei subwoofer di Bosi che non ti contano niente ma almeno con quella roba ti senti un po’ più artista.

Mi dicono che tua moglie, la Silvana, che però non è la mia mamma, ti dice sempre di su perché vorrebbe avere lei quei soldini da spendere per andarsi a comprare dei bei completini dalle Ferroni di Mantova e meglio ancora da GentryPortofino di San Giacomo delle Segnate perché quelli son firmati in doppia cifra.

Ma cosa vuoi, anch’io comincio a capire che non si può avere tutto dalla vita e quando deciderò di crescere come fanno gli uomini mi piacerebbe tanto fare il modello che così divento subito gay e posso fare a meno delle donne che provocano tanti casini anche negli asili nido cun cli scupàsi che fanno venire i bargnòcui ai bambini che poi sigano.

Vèh , però, intanto che rimango piccolo loro, le donne, mi fanno tanti di quei complimenti e di quelle carezze; poi mi sbaciucchiano , mi prendono sulle loro ginocchia che già un po’ più in su ci son quelle belle cosce e ancora più in su , dopo la pansa, ci son di quelle poppe rotonde che non ti dico dove io vado a curiosare con il mio bel nasino rosso che , a dirti la verità, succede che non mi sento più un bambino perché mi tirano tutti i nèruf e anche qualcos’altro.

Ma adesso caro papà, parlami di te perché io sappia in che mani sono finito e se sei disposto a mantgnermi per tutta la vita facendomi fare una vita serena senza far gnente pensando che sono prettamente tuo figlio.

Ma è vero che sei stato a Castrocaro e invece di cantare nel concorso hai fatto le cure termali?

Ma è vero che sei stato anche a Londra, quella dell’Inghilterra, e hai fatto il gondoliere veneziano su una gondola dove non c’era neanche il mare di Venezia ?

Ma è vero che hai scritto 500 canzoni senza saper la musica e per questo non le canta mai nessuno e ti chiedono sempre di cantare : “ Cöcia Pino ch’a sema in salìda “ che non è neanche tua, tanto per darti un po’ di soddisfazione?

Ma è vero che per andare in giro a cantare le canzoni popolari tu hai trascurato la famèia di tua moglie e di tuo figlio ( che non sono io, quello ) e il giorno dopo ti addormentavi sul posto di lavoro e che sbagliavi i tempi da dare alle donne?

Ma è vero che l’unica tua ammiratrice ti ha chiesto di andare a cantare, quando muore, l’Uva fogarina mentre la mettono dentro nel forno ?

Papà, caro il mio papà Wainer è vero tutto questo che gli altri dicono e sparlano su di te da oltre quarant’anni ?

La mamma, la mia mamma , che ti ricordo è sempre la Paolina di Sustinente dice che è tutta invidia e che la gente , in soprattutto quella del tuo paese Munticiana non ci crede gnanca che poi tu abbia cantato con Gianni Morandi e i Nomadi e che hai conosciuto a tu per tu coi quattro occhi Sandro Paternostro, Nilla Pizzi , Silvio Gigli che c’era anche Rino Salviati, là al Parco Fucoli di Chianciano Terme.

Ma dimmi , papà, chi sono io ?

Mi dai sì o no il tuo cognome dei Mazza o ti devo denunciare ai carabinieri di Sustinente ?

Vacca cane a capésat u a capésat mìa che io voglio avere un divenire davanti almeno sul rosa pallido e io penso che tu da subito devi cominciare a passare degli alimentari e generi vari alla mia mamma che è tutta pèl e òs e fuma quaranta sigarette al giorno.

Varda, per dirla tutta io pensavo, che squaşi squaşi, potrei farti da spalla nelle tue serate e quando sei in turnèt, specialmente poi quando vai a cantare nei geriatrici che lì ci sono tanti di quei nonni che come vedono un bambino si commuovono e gli danno la mancia per prendersi le caramelle e noi , semmai, quell’incasso lo dividiamo a metà da buoni fratelli .

Vèh, cuşa dit? E a sentàt che anca mé a parli bèla al dialét gròs a dla basa e am sun bèla vià a magnar dli panséti e di salàm caşalìn specialment da li part dal Bundén, Bundanèl e La Mòia cume anca cal bun furmài adli Marşéti chi dis ch’al fa ben par töt.

Dai alùra par dirla töta mé am senti ch’a gh ho da dvantà al tö ereditario anca in al cantà e ti giuro che mi impegnerò a suonare la chitarra anche un po’ meglio di te ( tant a n’agh völ mìa an gran sfòrs ).

Imparerò tutte le tue canzoni e canterò soprattutto quelle degli altri , porterò avanti e indietro quel credo di parlare ancora il nostro bel dialetto mantovano che non parla più nessuno, non mi iscriverò a faccebuch, non userò quell’uccellino per dire quello che penso, terrò le mani libere dallo smartfone perché se mai con quelle ci faccio qualcos’altro.

Parlerò sempre di meglio di te , anche quando non sarai al mio fianco e dirò che è da un bel po’ ( a proposito al Po l’è anca al tö fiöm ) che ti hanno passato regolarmente patrimonio dell’unanimità e che quando non sei in giro , devi stare dentro a una cella frigorifera a meno 80 gradi e mangiare solo limoni che così non vai neanche al gabinetto perché così ti conservi come sei stato , come sei e come sarai nei secoli, amen!

Con affetto , il tuo Wainerino figlio, con tante parole che mi ha insgnato la mia mamma Paolina che forse fra un po’ va nelle suore, perché oramai è diventata uno şgabàs. Ciao.

 

 

“ Devo una spiegazione “

Eh sì! Devo una spiegazione a chi avrà avuto o avrà l’ardire di seguire in diretta questo radiopsicoficofarmodramma dal titolo “ Vite parallele” con protagonista Wainerino, il cantastorie del sorriso. Ma altrettanto e doverosa spiegazione la devo anche a chi , magari inavvertitamente , si troverà a leggere queste note.

Dovete sapere, e qui è il bello e l’intrigante di una idea, di un progetto, che il tutto nasce da un pupazzo in pezza con espressività a mo’ di Pierino la peste che anni addietro avevo acquistato in un mercatino del “ C’era una volta “. Pupazzo in condizioni disperate e , se si vuole, con una sua improbabile vita ma dalla presenza scenica accattivante che mi ha permesso, se pur in rare occasioni, di tenermelo affianco in qualche spettacolo di piazza nel maldestro tentativo di attirare l’attenzione, ma se volete anche, la commiserazione della gente. Attenzione e commiserazione dovuta al fatto che il pupazzo poteva rappresentare ipoteticamente la figura di un figlio costretto a seguire il proprio padre nelle sue peregrinazioni più o meno artistiche di intrattenitore. Morta lì. Dopo averlo conservato per tanti anni e relegato in un cassettone di un vecchio mobile di casa, il pupazzo era ormai destinato ad un altrettanto cassettone, in questo caso delle immondizie. Ma al limite del gesto insensato ecco intervenire mia moglie che con naturale istinto materno, mi consiglia di non privarmi di un ricordo che nel bene o nel male aveva avuto la sua piccola funzione e pensando in cuor suo, non il mio, che anche le cose debbano avere un’anima. Accetto il consiglio e parcheggio “ il bambino” in bella vista pensando a quale funzione potrebbe avere oltre al ricordo. E , destino vuole, che la sua funzionalità e missione prende corpo in men che non si dica.

Siamo a ferragosto del 2018 e, come vuole la tradizione ormai da diversi anni, si deve andare a far festa in quel di Bondeno, in strada Vallicella, presso una corte di campagna molto conosciuta e frequentata dove spesso si svolgono rituali mangerecci ma anche musicali e di intrattenimento a scopo ludico , terapeutico e sociale. Per dare freschezza e un pizzico di novità al tradizionale raduno, si pensa di aggiungere alla “ solita musica” anche una specie di corrida dei dilettanti riservata a chi abitualmente frequenta il sito. Dopo varie trattative, consulti , pensamenti e ripensamenti i più decidono di lasciar perdere il tutto, comportando un impegno a cui non sono abituati e accontentandosi. more solito, di ascoltare e criticare sempre gli altri: quelli che, invece, fanno.

Ma il sottoscritto non demorde e pensando di presentarsi in altre vesti che non siano quelle del solito cantastorie dell’Uva Fogarina e Munticiana, Munticiana pensa bene ( o male ?) di presentarsi con il pupazzo da gettare e che quindi sfugge a morte sicura e assume una sua connotazione ben precisa che qui andiamo a spiegare.

Infatti il pupazzo, in due e due quattro, prende il nome di Wainerino perché, invenzione geniale ? , risulta essere figlio dello stesso Wainer; figlio che , si fa per dire, si è procurato in un periodo indefinito della sua carriera allorchè , alla fine di uno spettacolo, consuma un atto di improbabile amore con una certa Paolina di Sustinente che si trova a rimanere incinta.

Sulla disponibilità di questo soggetto non parlante, con dialoghi e situazioni a carico della fantasia di Wainer, e sull’idea abbastanza originale che si ritrova tra le mani, lo stesso crea il personaggio, l’imberbe fanciullo che si presenta al padre e dimostra , anche nella somiglianza fisica , di esserne di diritto il figlio.

Si viene a creare un dialogo serrato ed incalzante tra i due, in realtà Wainer non dice una parola di suo ( ma parla ) e fa parlare Wainerino che non è nelle possibilità di parlare ma che , miracolo della fantasia, incalza il genitore con una serie di argomenti che vanno dal riconoscimento formale, al mantenimento a vita , a prospettive artistiche che si affiancano a quelle del padre ed in definitiva si dovrebbero realizzare e concretizzare nella carriera di novello cantastorie.

In anteprima mondiale , all’insaputa dei più, Wainer presenta il suo figlio-pupazzo agli amici del ferragosto estraendo a sorpresa, in un crescendo di ilarità e sghignazzi, il soggetto da un sacco nero adibito alla raccolta delle immondizie e intravvedendo nel progetto una potenzialità che , a dir del vero, è capita da pochi.

Pensa che ti ripensa , ecco comunque nascere il primo appiglio, lo spunto geniale, e son già due, che permetterà di sviluppare il progetto portandolo a dimensioni e argomentazioni pratiche e concatenanti sia come prospettiva di una nuova forma di spettacolo ma anche testimonianza di un percorso di vita (il suo ) umano ed artistico.

E l’idea è quella di dare una casa al figlio che non sia il sacco di plastica , ma una vera residenza in cartone. ( come capite, un salto di notevole qualità e dimensione ).

Per fare ciò Wainer si affida ad un voluminoso scatolone ( vuoto ) avuto in omaggio dalla ferramenta CISA di Suzzara e da lì incomincia ad immaginare e ad addentrarsi nel mondo e nelle esigenze del figlio imberbe ( anche se poi dal racconto si saprà che lo stesso è già diciottenne ).

E qui è doverosa una puntualizzazione che toglierà ogni dubbio e smorzerà le eventuali critiche che potrebbero essere più che giustificabili se mosse al cospetto delle installazioni che Wainer è riuscito a mettere in campo. Trattasi di lavori di fantasia, ma le finalità sono serie e quanto mai sentite, che lo stesso ha cucito e concretizzato attraverso il solo ausilio della sua scarsissima manualità , con materiali di recupero, e principalmente con l’uso di quattro cassette di frutta o verdura assemblate alla bell’e meglio che hanno trovato come fornitori divertiti e consenzienti le rivendite di prodotti ortofrutticoli, in primis, “ Regina “ e anche “ Bigliosi “ di Suzzara e “ da Renato “ con il suo mezzo ambulante fermo a Borgoforte.

Siamo arrivati dunque alla casa, a questo monolocale in cartone con le ambientazioni adatte ad un bambino, i suoi giochi, i riferimenti puerili , ma anche con dotazioni sofisticate e avveniristiche che tengono conto delle aspirazioni dello stesso. La casa trova l’intermediazione ed il pratico sostegno , tramite donazione, del Wainer Mazza Fans Club di Sarginesco che da sempre sostiene le iniziative dello stesso a cui viene aggiunto, per le esigenze del piccolo, anche un simpatico mezzo di locomozione che funziona solo in caso di vento con discreta forza di spinta.

Da qui in avanti , senza volere troppo addentrarci nei particolari, visto che il tutto, volenti o nolenti, sarà visibile ad occhio nudo e a portata di mano, prendono forma e contenuti le installazioni che il Wainer crede e prevede siano necessarie perché il figlio abbia tracciata la strada maestra attraverso pratiche strutture ( per ora in miniatura ) che lo porteranno ad intraprendere e ad espletare al meglio la sua, sicuramente, straordinaria carriera

Particolare non trascurabile , e in definitiva cuore del progetto : se nelle prime installazioni il Wainer pensa alle necessità primarie del figlio in divenire, nel prosieguo delle stesse si può ben capire come emergano prepotenti e inconfutabili quelli che sono stati i temi e gli argomenti principali e personali delle sue ispirazioni artistiche come cantastorie locale , ma non solo.

Quindi in sostanza da un passatempo e una idea alla bisogna, da un divertimento teso a misurare sia le proprie capacità manuali che intellettive, nonché fantasie di autore, da una storia inventata e giocata sul filo di una presunta paternità accettata naturalmente e logicamente senza patemi ,viene fuori in tutta sincerità il percorso umano ed artistico del nostro , vogliamo dire artista, che ce lo propone sicuramente in maniera inusuale o quanto meno originale.

Della casa di Wainerino abbiamo detto ma poi in successione, a dir poco tambureggiante, nascono quasi per incanto , dalle mani decisamente imbranate del progettista, strutture che vogliono almeno dare l’idea , per esempio, di un super-mega palco per poi passare al personalissimo camerino di preparazione agli spettacoli o allo studio di registrazione provvisto delle ultime sofisticate tecnologie. Compare un salotto dei ricordi dove all’interno e ancor di più all’esterno impera la presenza di papà con fotografie, manifesti e locandine con evidenti riferimenti alla sua attività. C’è anche la piazza di paese con il cantastorie a fare il treppo con la sua gente, le luci e le telecamere di uno studio televisivo in piena regola, per poi passare all’ambiente naturale e familiare del grande fiume, il Po, perennemente a fornire elementi di ispirazione . Una palazzina a tre piani permetterà di espletare altre forme di servizio e di promozione tramite una sala stampa per presentazioni e proiezioni, dove troverà sede e sviluppo anche un’agenzia di pubblicità e spettacoli per poi completarsi all’ultimo piano con una suite superaccessoriata dove l’artista potrà concedersi momenti di relax sotto diverse forme.

A ribadire l’attaccamento al passato ,ai valori familiari e alle primarie attività che contraddistinguevano la vita di paese , quasi come un obbligo morale, al nostro protagonista ( sempre Wainerino) verrà indicato di realizzare strutture come quella riferita alla vecchia bottega di alimentari di nonno Nigio , come pure l’osteria con sale e tabacchi della famiglia Filigrana ( gli esempi, se pur con qualche concessione alla modernità, sono sotto i vostri occhi).Su questo filone si inserisce bene anche l’acquisto da parte del nostro soggetto di una vecchia corte di campagna , magari riportata alle antiche funzioni, dove non mancherà la possibilità di apprezzare i sani prodotti della terra e condividere con le amicizie più care momenti di convivialità ( tutto questo visto necessariamente a fine carriera dello stesso ).Il paese, Motteggiana, anch’esso oramai entrato nelle corde dei sentimenti del “nostro” viene qui riprodotto per immagini sia del passato che nell’attualità, il tutto attraverso immagini spalmate sulla cassa di una vecchia chitarra che ha esaurito la sua funzione ma che resta uno dei motivi dominanti della nostra storia.

E’ prevista anche una installazione sotto forma di monumento equestre da tempo agognata dai due artisti che vorrebbero lasciare un ricordo imperituro ai propri compaesani , ma non solo, da collocarsi in posizione favorevole al centro del paese.Per questo progetto ci si è avvalsi di una riproduzione in scala ridotta della figura del cantastorie eseguita dal pittore/cantastorie e collega di Wainer, Pédar da Viadana per un suo omaggio di anni addietro allo stesso. Ma Wainer ha pensato bene anche di avvalersi dell’opera del maestro-scultore Andrea Jori di Mantova per uno straordinario bozzetto in terra creta che dà ulteriore valenza artistica e stimoli a quelle che saranno le possibilità di realizzazione in divenire.

Procedendo con le installazioni veniamo in possesso di una buona documentazione fotografica dei costumi di scena usati dal cantastorie Mazza nelle sue multiformi possibilità di spettacolo ma anche dei suoi tanti incontri avuti con artisti a livello locale e nazionale per una summa di esperienze non di poco conto.

Il cesto dei prodotti mantovani con specialità di assoluto rilievo vengono qui riportati e posti all’attenzione dell’artista ( ma pensiamo anche a chi avrà un approccio con questo percorso ) come auspicabile fonte di ispirazione e di divulgazione per una cucina, quella mantovana rinomata e riconosciuta ben oltre i confini locali.

La provincia con il suo capoluogo, Mantova, sono qui ben evidenziati attraverso pubblicazioni di vario genere e di svariati periodi a testimoniare la ricchezza storica, culturale e monumentale che il nostro ambiente riserva e che hanno trovato in Wainer un instancabile cantore e promotore.

Allargando il discorso sul territorio mantovano ci si rende conto delle miriadi di feste e manifestazioni che ne contraddistinguono il tessuto urbano e sociale per inoltrarsi infine nel percorso di antiche tradizioni e riti che si è voluto condensare in una valigia carica di valori e di ricordi che possiamo rileggere sulla carta ma praticare anche direttamente nell’oggi se solo ne avremo la voglia e la consapevolezza di quanto abbiamo ancora a nostra disposizione, in casa nostra.

Allora, in definitiva, mi auguro abbiate capito, forse apprezzato che lo “ scherzo “ di Wainerino è stato fatto con intenti seri per una testimonianza sincera fatta alla mia maniera.