Massimo Pirrotta LE RADICI DEL GLICINE Storia di una casa occupata Agenzia X – Milano – 2017- pp. 288 - € 15,00

 

Il libro racconta, attraverso le testimonianze dirette di 26 persone, la storia, durata dal 1975 al 1984, dell’occupazione di uno spazio industriale dismesso a Milano. L’area è quella della ex fabbrica di prodotti per l’infanzia Mellin in via Correggio 18. Chi racconta sono gli occupanti dello stabile, trasformato in parte in appartamenti per chi non aveva casa, e i frequentatori più o meno abituali degli altri spazi della ex fabbrica. Narrazione quindi a più voci, con punti di vista diversi, ma spesso convergenti, incrociati, trasversali, il tutto all’ombra di due glicini che arrivavano sino ai piani.

Via Correggio 18 era un luogo aperto a mille incontri, una sorta di albergo per girovaghi internazionali e punto di riferimento per le battaglie sociali di quegli anni, frequentato da individui non allineati, che avevano come arma vincente il confronto, il rispetto dell’altro e il desiderio di conoscersi nel profondo. A far funzionare l’occupazione e le varie attività, fu anche aperta una falegnameria, era una assemblea settimanale dove tutto era discusso e deciso collettivamente. Ma via Correggio 18 è ricordata perché nei primi anni ’80 diventò il luogo di incontro dei punx, la versione più politicizzata a sinistra del movimento punk. Il capannone per i concerti e gli spettacoli venne chiamato “Virus” e con questo nome è conosciuto e ricordato a Milano. Il libro realizzato da Massimo Pirrotta ricostruisce gli anni che precedettero l’arrivo di questa nuova generazione di giovani, così diversi da quelli del ’68 e del ’77. La narrazione vuole colmare un piccolo vuoto di memoria, dove in una dimensione confusionaria sbocciavano amori e utopie, nascevano bimbi e si sognava un mondo migliore. Particolarmente interessante, per contestualizzare la storia di via Correggio 18 e del “Virus”, è la cronologia degli avvenimenti più importanti di quei nove anni di occupazione, fatti volutamente limitati a Milano e dintorni, ricavati spulciando le varie pubblicazioni dell’epoca. Vi è una ricca bibliografia e un prezioso inserto fotografico che documenta alcuni dei passaggi più importanti raccontati dai testimoni.

Un tuffo appassionato nel recente passato milanese crocevia di sogni, utopie, epigono di espressività non solo musicali, ma di vita vissuta.

 

Dicembre 2017

 

RECENSIONE DI MARCO MUSSI

 

 

Le origini del glicine” nasce per due richieste,

 

1° molte persone giovani soprattutto, mentre sentivano i racconti ricordi di ex Occupanti della Casa Occupata di v. Correggio 18 a Milano con compagni dell’epoca (1975-1990) chiedevano di scriverli perché non andassero persi;

 

2° uno dei punx occupanti di C18 (Marco Philopat) ora editore di Agenzia X a 40 anni di distanza voleva produrre una testimonianza significativa. Nell’introduzione “dall’eskimo al chiodo” Philopat e Massimo Pirotta (giornalista che firmerà il libro) scrivono: “Provate a immaginare una grande casa liberata nel pieno centro di Milano. Un’isola pirata metropolitana, un concentrato di libertari, famiglie di senzatetto, anarchici, hippie, comunisti, femministe, cattolici del dissenso, operai riottosi, ragazzine di strada ed ex partigiani. Provate a immaginare di entrare in uno dei luoghi più tolleranti e pieni di energia di tutte le epoche in cui le persone si incontrano portando il proprio vissuto senza maschere, anche perché quelle poche che si contrappongono alle libere relazioni, vengono smontate all'istante da un clima di condivisione privo di meccanismi autoritari. Provate a immaginare un via vai continuo di soggetti che a loro volta viaggiano per altre strade convergenti, ognuno alla ricerca di visioni molto più vaste di quelle della normalità, giovani donne e uomini che si dannano per trovare nuovi percorsi esistenziali, inediti e collettivi, poco importa se siano troppo psichedelici da farci perdere la ragione o troppo rivoluzionari da farci perdere il senso delle proporzioni. Provate a immaginare di entrare in questo vortice di creatività esplosiva grazie a una macchina del tempo che vi condurrà, in un qualsiasi giorno compreso tra 1975 e il 1984, all'interno della casa occupata di via Correggio 18 a Milano, e finalmente potrete partecipare in diretta a un'avventura difficile da dimenticare. Usate questo libro come guida e non ve ne pentirete.”

 

Il libro poi scivola via bello, leggero, pur affrontando la vita interna ed esterna all’occupazione con 26 testimonianze di occupanti o compagni molto vicini che si raccontano nel loro vissuto più intimo senza censure o remore. Vi è anche un articolo della rivista “Primo Maggio” n 22 del 1984 che da una visione da un punto di vista dell’analisi politico sociale dell’occupazione.

 

Per definire il contesto, Massimo Pirotta fa una ricerca degli avvenimenti e una cronologia molto interessante che dà una connotazione storico sociale al

 

Mettere insieme questo libro non è stato difficile perché dopo i primi momenti per capire cosa volevamo far emergere tutto è filato via liscio come aver in mano il bandolo di una matassa. È bastato la collaborazione iniziale di alcuni occupanti per rintracciare, a 40 anni di distanza, quasi tutti gli altri più significativi della nostra storia che via via si delineava attraverso il racconto orale della memoria del tempo vissuto. Nello scrivere ci siamo anche resi conto dei compagni e compagne che ci hanno lasciato fisicamente ma non spiritualmente. A loro abbiamo voluto dedicare questa “favola” che non è un libro storico fatto di date e riferimenti ma ha voluto riportare l’ANIMA di quella VITA COMUNE di OCCUPAZIONE nella casa occupata di via Correggio 18, ex fabbrica Mellin di proprietà Mantovani.

 

Nella prefazione, lo storico Nicola del Corno dice Questo libro serve allo scopo; restituire alla storia della Milano controculturale un’esperienza di lunga durata (dieci anni e almeno tre generazioni di occupanti), di multiformi esperienze politico esistenziali (in via Correggio convivevano…. In una coinvolgente atmosfera comunitaria libertaria) ……probabilmente unica nello stesso panorama degli spazi occupati, tanto che in una delle testimonianze ci si rammarica perché i propri figli non potranno mai vivere una esperienza del genere:< avevamo avuto delle possibilità incredibile loro invece non possono neanche sperare di vivere in una comunità>. Proprio nella prima testimonianza, si dice che via Correggio 18 fu una “utopia”; io direi piuttosto che fu una eutopia; utopia significa infatti “non luogo, eutopia “buon luogo”. La casa del glicine fu concretamente un “buon luogo”: << un luogo di libertà creativa e di esplorazione>> che è giusto ricordare ancora con un libro come questo.”

 

Nella Casa Occupata di via Correggio 18 hanno convissuto centinaia di persone a periodi più o meno lunghi e non c’è mai stata una nazionalità! Se si considerano i concerti e le attività si può dire che sono diverse centinaia di migliaia le persone che l’hanno frequentata. Se, questo libro scritto soprattutto per chi non era presente, saprà  stimolare la voglia di cambiamento positivo e controculturale al potere socio-politico-economico, l’occupazione  di v. Correggio 18 avrà  ancora un senso.

 

 

 

Marco Mussi ( occupante di via Correggio 18)