ADELMO CERVI con GIOVANNI ZUCCA

IO CHE CONOSCO IL TUO CUORE

Storia di un padre partigiano raccontata da un figlio

Edizioni Piemme – Milano – 2014 - pp.433 €16,90

 

 

 

Se qualcuno, in particolare tra i più giovani, non conosce la storia dei fratelli Cervi, questo libro chiarisce l'importanza della loro opera all'interno della Resistenza e del ruolo di avanguardie di questi sette contadini, diventati partigiani, che si batterono fino alle estreme conseguenze contro il fascismo e per la giustizia sociale. Questo libro racconta la loro storia. E a raccontarla è Adelmo, figlio di Verina Castagnetti e di Aldo, terzogenito dei sette figli di Alcide Cervi e Genoeffa Cocconi. Sette fratelli trucidati dai fascisti al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943. Adelmo aveva appena quattro mesi. Suo nonno Alcide, la cui figura entusiasmò una intera generazione, scrisse nel 1955 per i tipi di Einaudi I miei sette figli, a cura di Renato Nicolai, un classico della Resistenza stampato in centinaia di migliaia di copie e tradotto in molte lingue. Io che conosco il tuo cuore, del nipote Adelmo e di Giovanni Zucca,curatore del libro, inizia con due fotografie, due momenti diversi della vita familiare: prima e dopo l'efferato eccidio. Con sguardo storico ma partecipe osserva l'evoluzione della famiglia Cervi, come archetipo di un cambiamento che si andava affermando nel periodo fra l'Ottocento e il Novecento, perfettamente congruo con un modello di sviluppo delle famiglie contadine di questo territorio. Nella provincia di Reggio Emilia, in particolare, con l'accelerazione dei tempi avvenuta dopo la prima guerra mondiale, si assiste alla trasformazione della struttura gerarchizzata e autoritaria, tipica della famiglia contadina del passato. Cambiamento verso forme di organizzazione di massa, per la difesa del lavoro, intensamente legate all'ideologia socialista, che si concretizzano in cooperative, case del popolo, mutue, leghe di resistenza, camere del lavoro, cioè tutti quegli strumenti organizzativi che saranno basilari nelle lotte per il rinnovo dei patti agrari. Tutto questo mondo rivive nel racconto di Adelmo, insieme ai ricordi e alle emozioni legate a questo nucleo familiare così speciale, caratterizzato dalla forte personalità della nonna Genoeffa e la comune volontà di tutti i figli di progredire. In tutti e sette, ma in particolare in suo padre Aldo e nel primogenito Gelindo, è forte la convinzione di prendere di comune accordo le decisioni più importanti. Tale coesione e contemporaneamente la spinta all'innovazione saranno basilari sia per lo sviluppo in senso tecnico che avrà l'azienda agricola, sia per la progressiva scelta della famiglia di adesione alla Resistenza. La narrazione di Adelmo si fa drammaticamente avvincente quando parla del 1943, l'anno più lungo e drammatico di tutta la vicenda. La caduta di Mussolini avvenuta il 25 luglio, che verrà festeggiata con la grande pastasciutta antifascista organizzata dal padre e offerta a tutto il paese. Nei giorni e nei mesi successivi in un crescendo di avvenimenti, il cascinale della famiglia Cervi diverrà porto sicuro per antifascisti, partigiani feriti, i prigionieri stranieri, ricercati e sfuggiti alla violenza nazifascista. La storia e i fatti sono veicolati da una narrazione mai retorica, che vibra delle sensazioni e dei ricordi di Adelmo, figlio che in alcuni momenti diviene a sua volta padre, in una alterna commistione di sentimenti. Con una scrittura per nulla ricercata e molto simile a quella di tante persone che non sono scrittori, ma vogliono raccontare una storia. Con uno stile semplice in parte rifiuta e contesta la mitizzazione del sacrificio dei fratelli Cervi e la retorica resistenziale riguardante la loro vicenda. Adelmo parla appunto con il cuore, confidando quello che non ha mai detto, del vuoto lasciato da quell’uomo valoroso che era ed è suo padre. Colui che è considerato un eroe dalla maggior parte delle persone, per Adelmo è prima di tutto un padre, uomo che lui non lo ha mai conosciuto, ma che vive dentro di sè. Ed è proprio quest' uomo, per certi aspetti sconosciuto, ma che sente scorrere nelle sue vene, che intende conoscere e descrivere in una sorta di indagine introspettiva e familiare. Le due immagini che aprono il volume rendono ancora più evidente la profondità del dramma e lo stato delle cose. Ogni sensazione è ben visibile e si può leggere sui volti di ognuno dei protagonisti. Un prima e un dopo fatalmente reali che hanno coinvolto e segnato molte esistenze. “Io che conosco il tuo cuore” vuole inoltre far conoscere e rendere omaggio alla grande fatica intrapresa dalle donne della famiglia, in primis sua mamma e le zie che hanno dovuto far fronte agli enormi sacrifici legati al lavoro della terra, affrontata senza più i loro uomini dopo quel terribile dicembre 1943. La durezza della vita prima non ha paragone dopo quel terribile giorno e ci restituisce una immagine di forza, tenacia e fratellanza che furono i valori autentici che hanno animato ciascun componente della famiglia. Quello che Adelmo fa emergere non è l'esaltazione di fatti di coraggio, non parla di eroismi, ma di atti concreti che giorno dopo giorno furono portati avanti per lottare per la libertà. Un grande insegnamento valido ieri come oggi.

 settembre 2014

 

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