E NON MAI PIU' LA GUERRA

canti e racconti del '15 -18

a cura di Cesare Bermani e Antonella De Palma € 22,00

Allegati 2 CD con le registrazioni state concesse da: Quinto Antonelli, Dante Bellamio, Cesare Bermani, Gualtiero Bertelli, Franco Castelli, Filippo Colombara, Emilio Jona, Camillo Pavan, Sandro Portelli, Amerigo Vigliermo e dagli archivi della Società di mutuo Soccorso Ernesto de Martino e dell'Istituto Ernesto de Martino

 

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 PRESENTAZIONE di Emilio Jona

La Grande Guerra, lo si sa, è stato un gigantesco sanguinoso rito di passaggioverso la società di massa, un’officina e un crogiolodi esperienze e di vicende del tutto nuove, una macchina di morte a livelloindustriale di proporzioni mai vedute, una fornaceche avrebbe divorato la “meglio gioven- tù” d’Europa, un laboratorio di straordinarie trasformazioni sociali, culturali, antropologiche e linguistichee insieme un luogo e un tempo in cui ilpotere affinò i suoi strumenti di controllo sulla società e sulle coscienze, mentre la massa degli umiliati eoffesi elaborò ed espresse la sua estraneità, il suo lamento e la sua protesta, con la parola e il canto, verso quell’inutile strage.  Per il nostro paese quella guerra significò il momento più significativo della sua unificazione non solo territoriale, perché milioni di “cafoni”meridionali furono coattivamente trasferiti alla frontiera con l’impero austro-ungarico e s’incontrarono e si incrociarono nelle trincee con altri italiani del nord, anche loro in prevalenza contadini.

In questa officina della guerra avvenne un’alfabetizzazione di massa:milioni e milioni di lettere, migliaia e migliaiadi diari, insieme a canzonieri e fogli volanti circolarono tra i combattenti e la popolazione civile e anche il canto ebbe in quella guerra un ruolo tutt'altro che secondario. Vi furono canti che nacquero spontaneamente tra i soldati ed altri, patriottici, che furono indottie suggeriti dagli ufficialie dalla propaganda militare.

Padre Agostino Gemelli, psicologo e intellettuale di spicco in questa funzione, amico di Cadorna, ebbe a scriverenel 1917 un saggio molto interessante sulla psicologia del soldato e sulla realtà e sulla funzionedi quel canto.Disse che ciò che cantano i soldati è un «miscugliodi impeti generosi e di impulsi passionali, giudizierronei, puerilità», per cui la canzone militare è lontana da quell'elevatezza necessaria per raggiungere lo scopo. E l’autorità militaredoveva reagire alla tendenza del soldato a cantare«cose troppo grossolane e sconvenienti e incoraggiare il canto patriottico, il canto onesto per sradicare nel repertorio del popolo soldato certe strofette denigratorie».

Si tratta di un’ammissione significativa, perché i soldati contadini, buttati nella fornacedi una guerra di cui non conoscevano o non condividevano i fini, e che pur combatterono con rassegnazione e spesso con abnegazione, cantarono e presto dimenticarono i canti dell’innologia ufficiale e dei suoi canzonieri, che miravanoa farli partecipi della patria in guerra e delle sue ragioni, mentre cantarono con altro spirito e ricordarono quelle canzoniche nascevano tra di loro dal basso delle trincee e che avevano ben altri contenuti.

Di queste voci vi è traccia in molta memorialistica del tempo, ma va ricordatoche, di fronte a tante morti ea tanta dolentee critica reazionepopolare, sta lo sguardo e la parola di pressoché tutta la cultura italiana, che, sia pur con sfumaturediverse, fu a favore della guerra, che visse come una grande occasione personale, sociale e politicadi trasformazione e di rinnovamento. Quello sguardo trascorse dalla tensioneetica ed esistenziale di Renato Serra, al sacrificio e durissimaprova dello spirito di Giani Stuparich, da quarta guerradel Risorgimento in Alfonso Omodeo a caldo bagnodi sangue e farmaco salutare per individui e societàin Giovanni Papini, a fervore teppista in OttoneRosai, a vicendache possiede utilitàe bellezza, anche se è fatta di merda e di sangue in Carlo Emilio Gadda, a coreografica cultura di gesta in Gabriele D’Annunzio, sino alla guerra concepita come esplosivamiscela di energie psicofisiche, di violenza e modernità, di sessualità, esotismo, sadismo e igienedel mondo in FilippoTommaso Marinetti.

Ora questo librodi Cesare Bermani eAntonella De Palma lascia da parte questo sfondo di memorialisti e scrittori,sfiora la canzone patriottica e si immerge in quel canto popolare sofferto e critico che sale dalle trincee, attingendo prevalentemente da quell'immenso inventario di memoria ora- le che è l’archivio di Bermani.

Anziché addentrarsi in un analisi antropologica di questo canto e delle sue forme musicali, che sono limitate e relativamente povere (cantastorie, parodie di altri canti ed inni, canzone napoletana, ballate della tradizione epico-narrativa rimodernate) gli autori hanno scelto l’anticaarte dell’incatenatura e hanno percorso i canti seguendo la traccia associativa dei loro contenuti.

Così essi si snodanosegnati dalle date emblematiche dell’inizio del conflitto e delle sue battaglie, dalle tappe della vita del soldato (partenze amare, addii, tradotte, fango, pidocchi, fame, le terribili emozioni olfattive e uditive,vale a dire il puzzo costantedei cadaveri insepoltitra le oppostetrincee e il rombo assordante e ininterrotto delle bombe), dagli attacchi insensati alle conseguenti carneficine, ai mortie alle tombe. Tra di essi spiccano una scelta tra le centinaiadi strofette sul General Cadorna, (veri e propri giornali dell’oralità a fronte dei giornalidi trincea, resoconto e informazioneironica e alternativa a quella ufficiale) e i canti sudisfattisti, disertori, prigionieri e imboscati, che si contrappongono a quellidegli arditi e della propaganda patriottica.

Si tratta quindi di un libro agile, utile e accattivante che si situanel solco di quelle ricercheche, attorno agli anni ’80 e oltre, particolarmente attraverso lo studio e l’analisi del mondo e dei documenti popolari (si veda soprattutto, Mario Isnenghi, Antonio Gibelli, Quinto Antonelli, Diego Leoni, Camillo Zadra) hanno definitivamente sfatato il mito della Grande Guerra e mostratocosa stava dietro alla retorica delle patrie, allo sguardo dei letterati e alle storie militari e dei benpensanti.