Ricordando Otello Sarzi

di Gian Paolo Borghi

 

Ho conosciuto Otello Sarzi negli anni ’70, grazie all’amicizia con Giorgio Vezzani, direttore della rivista di tradizioni popolari “Il Cantastorie”. Tra i due si era stabilito da anni un interessante rapporto sodale, legato a comuni intenti culturali, ma in modi esplicitati quasi opposti: estroverso, brulicante di idee e di considerazioni, un vero fiume in piena, il primo, introverso, di poche parole, ma nello stesso estremamente attento all’ascolto, il secondo.

Ho avuto il privilegio di prendere conoscenza di molti progetti da loro abbozzati, anche se non sempre furono oggetto di effettiva realizzazione. Ricordo anche l’attenzione di Otello nei confronti de “Il Cantastorie”, che considerava quasi la sua rivista portavoce (dalla fine degli anni ’70 era comunque entrato a far parte del suo Comitato di Redazione). A Vezzani, infatti, confidava molte sue aspettative, proiettate in una costante ricerca di innovazione e indirizzate alle aspettative di un roseo futuro per il teatro tout court e per le più che legittime istanze giovanili.

I loro incontri a Villa Cougnet, a Reggio Emilia, mi vedevano ogni volta sempre più sorpreso e curioso e mi offrivano la possibilità di entrare in punta di piedi in un “mondo nuovo”, che traeva origini dalla tradizione e che da essa si proiettava per raggiungere nuove mete.

In questa dimensione, nacque tra i due l’idea di lanciare proposte sempre più all’avanguardia, anche se la passione di Giorgio lo induceva a fare qualche immersione nel passato, come dimostrano gli articoli pubblicati su diversi numeri de “Il Cantastorie”, compresi i canovacci tradizionali della Famiglia Sarzi Madidini (Sandrone ai bagni di Salsomaggiore, per tutti. Per la cronaca, Otello ce lo recitò più volte!). Nel 1979, i due diedero vita a “Ribalte di Fantasia”, una libera associazione finalizzata alla scrittura di nuovi copioni del Teatro di Figura. Qualche anno più tardi, il sodalizio si indirizzò nell’istituzione del Premio Nazionale “Ribalte di Fantasia”, che per diversi anni ebbe come cassa di risonanza la Fiera Millenaria di Gonzaga (Mantova), sede di premiazione. Grazie a questo riconoscimento, vari artisti agli esordi ebbero il loro battesimo con il grande pubblico e con gli addetti ai lavori che operavano nell’ambito di due premi nazionali, considerato che nella stessa giornata veniva pure attribuito il Premio “Campogalliani d’Oro”, riservato ai migliori artisti della tradizione. Otello, peraltro, fu meritoriamente il primo a ricevere la prestigiosa onorificenza dedicata a Francesco Campogalliani, ma fu altrettanto attento a valutare e a incoraggiare i giovani affinché allestissero lavori nuovi, lasciando spazio alla fantasia e senza timori reverenziali.

Analogo impegno, Otello lo profuse (anche in questo caso, “Il Cantastorie” lo attestò) a favore del rinnovamento del Teatro riservato ai ragazzi, nelle cui realtà associative rivestì incarichi di prestigio nazionale, sempre con una linea di condotta lineare e priva di interessi di parte. 

Non è, quindi, casuale che il ricordo di Otello resti ancora vivo tra gli artisti del Teatro di Figura, consapevoli di dovere molto alla sua feconda attività, della quale ancora oggi si sente profondamente la mancanza.