SESSANT’ANNI FA IL PRIMO CONGRESSO NAZIONALE DEI CANTASTORIE ITALIANI

di Gian Paolo Borghi

 

 

L’11 aprile 1954, Bologna ospitò il primo “Congresso Nazionale dei Cantastorie”, che si svolse in due sedi, alla Trattoria Profeti di via Riva di Reno e al mercato di piazza VIII Agosto 1848, popolarmente detto della “Piazzola”. La Trattoria Profeti, vicina alla piazza del mercato, era un tradizionale punto di riferimento e d’incontro per cantori e venditori itineranti: il suo cortile interno,  con tanto di pergolato, invitava alla conversazione e alle discussioni, prima e dopo l’attività in Piazzola. Il Congresso ebbe, tra l’altro, il merito di ridare identità al termine “cantastorie”: fino ad allora, infatti, gli artisti (almeno quelli associati) avevano abbandonato quella definizione e si erano auto-qualificati “canzonettisti ambulanti”. Anche lo stesso allora giovane sodalizio nazionale, promosso da Marino Piazza e Lorenzo De Antiquis il 14 settembre 1947, assunse in seguito la denominazione di “Associazione Italiana Cantastorie” (A.I.CA.), in luogo di “Associazione Italiana Canzonettisti Ambulanti” (A.I.C.A.). L’organizzazione del Congresso venne promossa dall’ANSA regionale e, in primo luogo, dal suo Direttore Nino Fusaroli, che, grazie alla forza comunicativa dell’Agenzia, riuscì a dare all’iniziativa una vasta risonanza sulla stampa nazionale. I cantastorie, in effetti, ne avevano proprio bisogno: dopo il grande successo coincidente con la fine della seconda Guerra Mondiale, determinato soprattutto dal desiderio della gente di godere di una ventata di evasione, si stavano avviando ad un inarrestabile declino che, per la verità, aveva già avuto inizio con la progressiva e inarrestabile diffusione concorrenziale della musica leggera. L’avvento della radio, la maggiore diffusione dei quotidiani e delle riviste e la proliferazione dei dischi misero in crisi il loro impianto artistico, che cominciò ad incrinarsi in maniera irreversibile. I loro problemi furono inoltre aggravati dalle restrizioni imposte dai regolamenti comunali di polizia municipale, che assegnavano sempre più spazi alle bancarelle emarginando i cantastorie e costringendoli ad operare in posizioni sempre più lontane dal mercato o dalla fiera. A queste situazioni spietatamente concomitanti i cantastorie cercarono di controbattere con l’appoggio dell’ANSA, che consentì loro di ritagliarsi una certa notorietà, sia pure temporanea, nonché di ottenere una boccata d’ossigeno economica.

Come ricordò a suo tempo il cantastorie Marino Piazza, al Congresso di Bologna giunsero una cinquantina di cantori (in quegli anni erano non meno di trecento quelli attivi tra nord e centro Italia), provenienti da Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia, Romagna, Toscana, Abruzzo e Lazio. Nel 1954 erano rispettivamente presidente e segretario dei cantastorie il reggiano Gaetano Cagliàri, cieco di guerra, e il forlivese Lorenzo De Antiquis. Al convegno e agli spettacoli parteciparono una settantina di giornalisti, che diffusero in maniera capillare le notizie in ambiti nazionali. Per qualche anno, la Trattoria Profeti divenne simbolicamente la sede del sodalizio dei cantastorie. I relatori misero in evidenza con naturalezza e lucidità i loro problemi. Tra essi, il veneto Natale Bardelle (Salta pasti), consigliere dell’Associazione, così si espresse con lettera, in una sorta di guida comportamentale del buon cantastorie:

 

                                  1. fra di noi non deve esistere l’egoismo

                                  2. quando ci si incontra in una piazza in più suonatori,

                                     ognuno deve cercare di sfruttarla secondo l’occasione

                                     senza recare danno ad altri suoi colleghi

                                 3. non denigrare e umiliare un altro se per sfortuna non

                                      riesce a lavorare in una piazza ma cercare di aiutarlo

                                4. cercare di tollerarsi e comprendersi a vicenda con il

                                    carattere di tanto di simile fra l’uno e l’altro

                                5. in società quando si lavora separati, alla fine ognuno

                              deve essere onesto e leale sull’incasso e assai  emancipato

                                       e progredito

 

 

 

 

 La mattinata dell’11 aprile, i cantastorie erano confluiti in Piazzola per autofinanziarsi e per dare pubblica audizione dei loro repertori. Il risultato che ottennero fu enorme. Dopo l’incontro-convegno in trattoria, tutti ritornarono a fare “treppo” a furor di popolo.

Il Congresso consolidò la consapevolezza dell’agire in forma associata e favorì l’organizzazione di altri incontri, come quelli mantovani alla Fiera Millenaria di Gonzaga del 1957 e del 1958, nonché le successive Sagre Nazionali, a partire da quella organizzata nel 1960 a Grazzano Visconti (Piacenza).

In occasione del primo incontro di Bologna, Marino Piazza e Lorenzo De Antiquis scrissero La canzone del Congresso dei Cantastorie, diffusa attraverso vari canzonieri, tra i quali il Giornaletto umoristico/Canti Popolari, stampato dalla Tipografia Arti Grafiche Elio Gualandi di Bologna nel 1954, probabilmente in occasione dello stesso Congresso. Questo è il testo, da eseguirsi sul motivo della canzone “Caterinella”, mutuata dal repertorio dello spettacolo di varietà:

 

In mezzo a tante idee e tante storie

al pari dei partiti e movimenti

son a congresso tutti i cantastorie

allegri, armoniosi e sorridenti.

 

La prima idea fu di Piazza Marino

che disse un giorno con Lorenzino,

fu alla Fiera delle Crocette

dopo venduto le canzonette,

mentre la gente ancora cantava

l’associazione lì si formava.

Dian, Pedacchia, Bobi e Parenti

di quell’idea furon contenti,

Lorenzo segretario

l’incarico accettò

a Benevento lo statuto

di notte preparò.

 

Ci ritrovammo dopo senza fallo

a Rimini alla Trattoria del Gallo.

Silvagni Alfredo era reticente

ma dopo fu eletto Presidente.

 

Ecco già nata l’associazione

lavoratori della canzone,

da tutta Italia hanno aderito,

andiamo d’accordo con ogni partito,

siamo i cronisti più popolari,

andiamo a scoprire tutti gli affari,

non lo facciamo per cattiveria,

tutto per ridere non roba seria.

Evviva l’allegria,

evviva il buon umor,

è questo il congresso

che a noi sta tanto a cuor.

 

Ora tutti i cantastorie all’adunata

dovran trattare tutte le questioni

e prima di concluder la giornata

ognun farà le sue esibizioni.

 

Canzoni allegre, tragedie e fatti,

marito e moglie che rompono i piatti,

Fausto Coppi che vince in volata,

la volpe sui tetti era scappata,

i quattro grandi in discussione,

viva la pace e la canzone,

i fidanzati sulla Lambretta

cantano in coro la canzonetta.

E questa associazione

è nata per cantar,

cent’anni di allegria

con noi si può campar.

 

 

 

 

Per saperne di più, si vedano, tra l’altro:

Archivio A.I.CA., Forlì, anno 1954;

G.P. Borghi-G. Vezzani, “C’era una volta un ‘treppo’”… Cantastorie e poeti popolari in Italia Settentrionale dalla fine dell’Ottocento agli anni Ottanta, Forni, Sala Bolognese (Bologna), 1988, vol. 1, pp. 129-142; vol. 2, pp. 93-94;

[G. Vezzani], AICA, quarant’anni, in “Il Cantastorie”, n.s., n. ri 25, pp. 3-4 e 26/27, pp. 16-24;

G.P. Borghi-G. Vezzani, I cantastorie padani, Fonoprint, IT 002, 1979.