Intervista a Peppino Castello, Monterosso Almo (Ragusa), 14 luglio 2014



Il percorso che ti ha portato a diventare cantastorie potrebbe essere definito insolito. Raccontaci quando e in che modo è iniziata questa passione

Ho iniziato a fare il cantastorie nel 1994, in occasione del Presepe vivente, una manifestazione ormai pluridecennale che si svolge nel quartiere storico di Monterosso Almo e ricrea ambienti della civiltà artigianale e contadina del passato. In questo contesto si inseriva bene la figura tradizionale del Cantastorie. Ho pensato di scrivere una storia, “U Baruni re Canalazzi”, ispirata a una leggenda legata al territorio. Ho preparato i bozzetti e, insieme a un mio amico bravo pittore, abbiamo dipinto e realizzato il cartellone, utilizzando un lenzuolo bianco trattato con colla fatta in casa, mischiando aceto e farina. Ho cantato la storia in un ambiente caratteristico e suggestivo del percorso del Presepe vivente. Con mia grande meraviglia la scena ha riscosso un enorme successo. Ma non sapevo ancora di avere posto le premesse per la mia attività di cantastorie.


Facendo un piccolo passo indietro… parliamo dei tuoi esordi musicali

È stato mio padre che mi ha dato l’input. Mio padre era un appassionato del suono della fisarmonica: quando l'ascoltava restava incantato. Lui era un contadino, poi negli anni 64-65 è emigrato in Germania dove ha vissuto per circa diciotto anni. Dalla Germania mi ha portato prima un'armonica a bocca, poi, a distanza di poco tempo, una fisarmonica. Mi spinse ad imparare a suonare questo strumento che, a suo dire, era “un'orchestra completa". Da un amico ho imparato a riconoscere i bassi per l'accompagnamento ed ho incominciato ad esercitarmi con le canzoni più semplici. Nelle serate d’estate si usciva con un gruppo di amici e si stava a cantare. Ero un cultore e un appassionato di canti siciliani e dei cantautori allora in voga: Guccini, De Andrè, Gaber ecc....


Una volta intrapresa la strada di cantastorie, quali sono stati i tuoi modelli di riferimento?

Per me il cantastorie per antonomasia è Ciccio Busacca: l'ho ascoltato da piccolo cantare la storia del Bandito Giuliano nella piazza San Giovanni del mio paese ed è ancora vivo in me il ricordo dei suoi occhi magnetici che tenevano incatenate al racconto le persone che lo ascoltavano incantate. Era un grande affabulatore!

Nel tempo ho approfondito la sua conoscenza e quella di altri cantastorie: Franco Trincale, Nonò Salamone, Vito Santangelo, Orazio Strano...

Tutti molto bravi, ma per me Ciccio Busacca resta il modello di riferimento per l'equilibrio tra la musica e il recitato che contraddistingue il suo stile.


Qual è il mezzo linguistico in cui ti esprimi nelle tue storie?

Il linguaggio che uso è la lingua siciliana del mio paese, con le sonorità che lo caratterizzano e differenziano dagli altri dialetti. Sono convinto che è un ottimo veicolo di comunicazione non solo dei contenuti delle mie storie, ma anche delle emozioni e dei sentimenti che voglio trasmettere. Ho cantato in dialetto monterossano a Roma, a Milano, a Gorizia ed ho sentito di essere in empatia con le persone che ascoltavano.


Di che cosa si parla più frequentemente in queste storie?

Dopo l’esperienza di “U Baruni re Canalazzi", una storia di “sangu e di vinnitta”, ho affrontato tematiche più vicine alla mia sensibilità e concezione di vita: la forza dell'amore, la passione, la disparità fra le classi sociali, la legalità, la lotta per la libertà, la pace, l'immigrazione....

Le storie che racconto devono suscitare delle emozioni, dei sentimenti da comunicare a quanti vogliono condividere con me il valore dell'impegno sociale e civile.


Esistono anche storie che richiamano illustri esempi della letteratura siciliana

Ho liberamente tratto dalle "Parità morali" di Serafino Amabile Guastella, un intellettuale della Contea di Modica, la storia dei “Birritti e re Cappeddi", in cui si racconta come il mondo sia diviso in classi con “i servi sicchi e i patruna rassi".

Due storie sono ispirate alle novelle di Giovanni Verga: “La libertà” e “La Lupa”.

La prima racconta la grande illusione di libertà e giustizia dei siciliani, in particolare dei contadini di Bronte, suscitata dalla venuta di Garibaldi; illusione miseramente svanita e sanguinosamente repressa.

La seconda evidenzia la determinazione di una donna, “la gnà Pina", che non rinuncia a un sentimento totalizzante: la passione per Nanni Lasca. La Lupa è una figura di donna forte, che non si lascia intimidire dal contesto sociale che la emargina perché simbolo di trasgressione e di peccato.

A queste storie sono profondamente legato perché più di altre toccano le corde più intime dell'animo umano.


C’è poi anche un filone antimafia

L’impegno contro la mafia rappresenta un valore per me molto importante, per questo ho voluto raccontare la storia dei due eroi siciliani uccisi per affermare la legalità: Falcone e Borsellino.

È stato laborioso scrivere questa storia; mi sono documentato, ho studiato ed approfondito lo svolgimento degli eventi per essere fedele nella narrazione. Ho fatto un lavoro di sintesi per riuscire a cantare in un quarto d'ora (questo è il tempo della storia) gli episodi più significativi della vita di Falcone e Borsellino.

"Sta storia ca sintiti stasira/ è a storia di du giudici valenti/ ca comu antichi cavalieri erranti/ a centinara ittaru rintra delinquenti/ ri chiddi mafiusi veramenti/ ca cu tutti i 'mmazzatini e ferimenti/ traficu i droga e pizzu ai commercianti/ nun canuscievunu lu carciri ppi nenti".

Una volta scritto l'inizio mi sono detto: “La storia è fatta”! Ero certo infatti di riuscire a completarla. L’importante era trovare un incipit convincente.


Vorrei approfondire la collaborazione con Libera

La collaborazione con Libera è nata all'interno della Carovana antimafia. Io sono stato più volte coinvolto dall'Associazione Arci, (a cui aderisco dal 1974), che organizza insieme a Libera la manifestazione da molti anni.

Nel 2004, per la commemorazione della strage di Borsellino a Palermo, l’Arci mi ha invitato a cantare la storia di Falcone e Borsellino. In quella occasione ho conosciuto la presidente di Libera della Lombardia che mi ha invitato a fare il cantastorie al seguito della carovana antimafia a Como, Cuneo e Buccinasco. Un paio d’anni dopo sono stato invitato a partecipare, come cantastorie, al convegno nazionale di Roma “Libera contro mafie"

In queste circostanze ho conosciuto le persone più attive nella battaglia per i diritti e la legalità: Don Ciotti, Dario Montana, presidente di Libera Catania, Alfio Foti, già presidente regionale Arci..., che hanno rafforzato il mio impegno civile.


C’era stata per te un’attività di scrittura o composizione poetica precedente al “mestiere” di cantastorie?

Ho scoperto che avrei potuto scrivere storie in prosa e in versi quando,

nell' 87, mi sono cimentato nell'adattamento, in dialetto siciliano, della commedia "Filumena Marturano" di De Filippo. Via via che il lavoro procedeva mi rendevo conto, con mia grande sorpresa, che il risultato era molto buono.

Contemporaneamente, nel convitto dove lavoravo come istitutore, ho cominciato a collaborare al giornale scolastico disegnando vignette corredate da didascalie che, poco a poco, diventavano componimenti poetici. Nel tempo ho scritto tante storie legate all'attualità politica e ad eventi del mio paese.

Non riesco a definirmi un poeta, ma una persona che ha, poco a poco, acquisito una dimestichezza nel verseggiare, soprattutto in siciliano.


Altri filoni tematici di tuo interesse?

Un filone a cui sono molto interessato riguarda il rapporto pace- guerra- potere.

Le ultime due storie “Paci e putiri" ed "Emigranti”, propongono una riflessione su temi di attualità . Oggi c'è una grande ostilità nei confronti degli sbarchi quotidiani sulle nostre coste. Il problema è serio e di non facile soluzione; va affrontato con competenza e nel rispetto dei diritti umani. La gente muore per la fame e per le guerre. In Africa le multinazionali si sono accaparrate i beni, le terre, le risorse del sottosuolo. Vengono alimentate le guerre, foraggiati regimi dittatoriali e corrotti che frenano lo sviluppo e accrescono la povertà. Perciò:

Ss'a genti eni affamata vo' scappari!

Ssi campa 'mienzu o fangu vo' scappari!

Ssi senti scrusciu ri armi vo' scappari!

Ssi c'è l'AIDS vo' scappari!

Ss'un viri lu futuru vo' scappari!

Ss'i figghi un pò campari vo' scappari!

(Da “Emigranti”)


Raramente parti dalla cronaca per le tue storie

È vero. I fatti di cronaca si consumano in fretta mentre io mi sforzo di scrivere storie dal contenuto più .... “impegnato" selezionando tematiche significative per i valori universali che veicolano. Ho scritto però anche alcune composizioni in versi, prendendo spunto da fatti, eventi, episodi legati al mio territorio e all'attualità .

Una in particolare racconta la lotta dei Monterossani per opporsi, nel 1991, al soggiorno obbligato di un mafioso nella nostra piccola cittadina. La battaglia è stata vinta grazie alla partecipazione di tutta la popolazione. ( Nu barbaniu è na picata/ tanti susunu a valata)!!

In occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia mi sono cimentato nella elaborazione di un testo che mette in evidenza vizi e virtù del popolo italiano.

Ultimamente ho scritto una storia di illegalità e prepotenza riguardante la gestione di un bene pubblico di Monterosso Almo: Palazzo Cocuzza, affidato a privati senza alcuna procedura amministrativa.

Nel tempo ho anche scritto cunti, storie e facezie riguardanti episodi e personaggi caratteristici del mio paese tratteggiati con benevola ironia.


Esisteva una tua passione per la pittura anche prima di intraprendere la strada di cantastorie? … (alle pareti di casa molti e bellissimi quadri firmati da Peppino Castello)


Ho scoperto al secondo anno del liceo scientifico di saper disegnare, grazie a un professore molto bravo, ma anche molto esigente, che mi ha insegnato l'uso del chiaroscuro, del bianco e nero, della prospettiva, il disegno dal vero. In seguito ho imparato ad usare anche il colore. I quadri che vedi alle pareti sono il risultato, spero gradevole, di una attività pittorica amatoriale.

Nella realizzazione di alcuni cartelloni però, sono stato aiutato da amici miei pittori: Giovanna Roccuzzo, Adriana Stella, Giovanni Dinatale, che hanno riportato sulla tela i bozzetti dei riquadri che io avevo preparato. Altri cartelloni sono stati realizzati completamente da me: Falcone e Borsellino, La Lupa, Pipino il Breve, Turiddu Giulianu....


Quali sono i luoghi e le occasioni in cui abitualmente ti esibisci?

La mia prima piazza è stata la scena nel Presepe vivente. Forse non avrei mai pensato di fare il cantastorie se non ci fosse stato il Presepe dove il cantastorie è inserito perfettamente: è stato per me un volano!

Le migliaia di persone che lo visitano, insegnanti, gruppi organizzati, associazioni, mostrano un grande interesse per le mie storie, molto diverse da quelle tradizionali per le tematiche che esprimono, e mi invitano nelle scuole o nei luoghi associativi. Momenti di festa o sagre paesane che vogliono anche valorizzare il ruolo della piazza costituiscono altre occasioni per esibirmi.


Nelle scuole qual è la risposta dei ragazzi durante i tuoi spettacoli?

I ragazzi rimangono imbambolati, ascoltano con attenzione, applaudono; chiedono spiegazioni, significato di parole per loro sconosciute, si fermano a guardare con interesse i riquadri dei cartelloni per ricostruire la storia ascoltata. Ho sempre la sensazione che, meglio degli adulti, riescano a capire e condividere le emozioni che trasmettono le storie, anche se le tematiche sono per loro complesse. La forza del canto, della parola e dell'immagine li affascina.


A proposito del cd che hai all’attivo, “I Cantastorie di Monterosso”, questo è nato dalla collaborazione con un altro musicista?


Inizialmente mi esibivo con un mio caro amico, Mario Garofalo, un bravissimo cantante e chitarrista. Io curavo soprattutto il parlato e lui la parte musicale, ma ci alternavamo sia nel canto che nel parlato. L'esibizione in coppia accentuava la teatralità e accresceva l’interesse del pubblico.

Mario Garofalo, in seguito, ha scelto di dedicarsi ai canti della tradizione popolare ed io ho proseguito da solo nel mio impegno di cantastorie.


Oggi ti esibisci spesso con tuo figlio Sebastiano

Sì: Sebastiano, fin da piccolo, ha mostrato interesse per questo tipo di arte. È cresciuto insieme alle mie storie e le ama. Si esibisce quindi volentieri con me, in varie occasioni.

Sebastiano proviene da un’esperienza musicale in un gruppo blues, suona la chitarra, ma anche il fischietto e la fisarmonica; ha anche una bella voce. Purtroppo lui lavora a Torino, dove ha studiato, e così più spesso mi esibisco come i cantastorie di un tempo: da solo con la mia fedele chitarra.


Anche se ti avvali del supporto di tua moglie (Concetta Giaquinta)…

Concetta, nel presentarmi, introduce la figura del cantastorie nella nostra cultura. Il suo compito è importante perché dà significato al ruolo del cantastorie nel rapporto passato/presente. Riesce a motivare all'ascolto le persone, a suscitare il loro interesse per le storie.


Sappiamo che hai in cantiere un nuovo disco. Che cosa ci puoi anticipare su questo progetto?


Il nuovo progetto vedrà, tra le varie storie, un omaggio alla figura di Maria Occhipinti, una donna di Ragusa, pacifista e iniziatrice del movimento “Non si parte”, durante la seconda guerra mondiale. Un'altra storia a cui sto lavorando riguarda la figura di Pippo Fava, il giornalista del mensile “I Siciliani " ucciso dalla mafia che suscita in me grande ammirazione.


In che cosa consiste la modernità di Peppino Castello a parte l’attualità delle tematiche da te trattate?

È difficile oggi fare il cantastorie in una società in cui sono velocemente mutate le modalità e le forme di comunicazione ed è difficile sostenere la concorrenza del cinema, della radio, della televisione, di internet. Il cantastorie può avere ancora un ruolo se propone storie capaci di suscitare negli ascoltatori emozioni, sentimenti e riflessioni, utilizzando la narrazione e il canto senza alcuna mediazione. La relazione è diretta fra chi racconta e chi ascolta. Io scrivo testi che sono caratterizzati da un forte impatto emotivo e dalla trasmissione di valori e di ideali culturali. Mentre mi esibisco sento il coinvolgimento affettivo ed emotivo degli ascoltatori. Mi sembra di entrare, come ho detto prima, in empatia con loro. Non mi sento quindi il custode della tradizione e delle figure mitiche del passato, ma una persona che tenta di leggere e raccontare in modo critico il presente.

La modernità, se così si può dire, consiste non tanto o non solo nelle tematiche trattate, ma nella forza dell'interazione con gli ascoltatori.


Ti esibisci anche su piazze virtuali o telematiche?

Per ciò che ho detto per me non ha senso ricercare piazze virtuali. Le mie storie si trovano, comunque, su Youtube, inserite da persone che le hanno registrate durante qualche esibizione.


Prossimi appuntamenti in calendario?

Tante proposte da concretizzare in questo autunno. Esibizioni in centri diurni in alcuni Comuni della provincia di Ragusa; qualche concerto presso associazioni culturali, presenze nell'ambito di progetti sulla legalità... Mi piacerebbe partecipare a qualche festival di cantastorie…Vedremo.


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08 - Emigranti.mp3
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07 - A Paci e u Putiri.mp3
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