FEDERICO BERTI                              MEMORIA L’arte delle arti              In collaborazione con la Scuola

di Musica “Riccardo Venier”

Monghidoro, Bologna- 2021

pp.215- Euro 25,00 -

http://www.federicoberti.it

 

 

La memoria: tutti conosciamo o pensiamo di conoscere questa funzione psichica di riprodurre nella mente l'esperienza passata (immagini, sensazioni o nozioni), di riconoscerla come tale e di localizzarla nello spazio e nel tempo. Federico Berti, autore del volume, propone un’altra definizione cioè: l’arte delle arti. Oggi tendiamo a studiare la mnemotecnica, cioè lo studio della memoria, come una disciplina individualista, competitiva, orientata al successo personale. Nel mondo classico era invece un’arte inclusiva, aperta alle donne, agli immigrati e agli schiavi. La memoria si considerava infatti una responsabilità collettiva e la si coltivava attraverso le arti, considerate il fondamento di ogni processo cognitivo. Il volume è una approfondita ricerca sull’origine della memoria. Mnemosine, la dea della memoria, si riteneva fosse una delle divinità più antiche, figlia del cielo e della terra, sorella del tempo, madre delle Muse che a partire dalla musica, la danza e la poesia, avevano reso possibile la nascita del teatro, “l’arte delle arti”.

In questo libro si parla delle arti sorelle, del rapporto fra memoria e potere, della competizione per il controllo delle memorie collettive e di quella mnemotecnica non sistematica, aperta a tutti, trasmessa attraverso le arti popolari nelle comunità non alfabetizzate.

Il volume è una indagine molto approfondita dell’autore Federico Berti, che noi conosciamo come poliedrico cantastorie e artista di strada, scrittore e che qui possiamo apprezzare come ricercatore a tutto campo. Il libro vuole focalizzare l’attenzione sui procedimenti comuni a tutte le forme di “mnemotecnica” per offrire uno sguardo preciso su quelle che definisce arti sorelle, derivanti cioè dalla dea della memoria.                                                                                           I contemporanei di Platone ritenevano che una mnemotecnica fosse esistita da tempo immemorabile, tuttavia fonti scritte arrivate fino a noi e che definiamo proprie del mondo classico sono in realtà latine, concepite per l’addestramento di coloro che volevano imparare a parlare in pubblico, cioè l’élite dominante Inoltre si riteneva che la mnemotecnica fosse un’arte ‘magica’ menzionata spesso come illusione di una scorciatoia per il sapere.                          

Nel prendere in esame le arti sorelle figlie di Mnemosine, l’autore studia anche i procedimenti evolutivi di queste arti capaci di generarne altre e osserva come queste si siano sviluppate con nuove dinamiche, nuovi linguaggi, nuove tradizioni formative. Nel libro non mancano riferimenti alla memoria orale, molto spazio è dedicato ad esempio alla poetessa e pastora vissuta nel secolo diciannovesimo, Beatrice Bugelli da Pian degli Ontani che Niccolò Tommaseo presentò ai salotti letterari del suo tempo, perché pur non essendo scolarizzata, improvvisava a memoria componimenti in ottava rima. È il primo caso di mnemotecnica ‘popolare’ registrato dall’etnografia e dall’antropologia culturale.

L’esortazione finale di Federico Berti nell’approcciarsi allo studio della memoria appare un sibillino ma accattivante gioco di parole che recita: Per sottrarsi al condizionamento della memoria, si deve studiare ed esercitare l’arte della memoria.

 

dicembre 2021