Foto tratta da libro Dario Mantovani “Taiadela” Di qua e di là dal Po- La vera storia del grande comico-cantastorie raccontata dal figlio Dino

INTERVISTA A DELFINO MANTOVANI

a cura di T. Oppizzi e C.­­­ Piccoli Milano, 13 febbraio 2005

 

 

DOMANDA: Signor Delfino vorremmo approfondire con Lei che è figlio del cantastorie Dario Mantovani detto "Taiadela" come era la vita di coloro che appartenevano alla grande famiglia dello "Spettacolo viaggiante", se avevate degli animali, dove li acquistavate?

RISPOSTA: A Bologna, una parte a Como oppure qui a Milano dalla Signora Lombardi qui a Milano a Porta Venezia, in negozi specializzati, li prendevo alla stazione e li ritiravamo pagando. Il primo è stata la amadriade che è stato nel 1947/48 che ero a militare. La amadriade, quelle scimmie lì con il muso lungo.

Mi son trovato con questo animale subito dopo il congedo perché mio padre nello stesso periodo era stato diffidato a Padova e a Verona perché raccontava le barzellette, allora qualche bigotta, sa qualcuno che le dava fastidio, allora il questore ha diffidato mio padre di andare a Padova e a Verona.

Io sono del 1926 e ho iniziato subito a lavorare a 8 anni mi hanno portato via dalla nonna e ho iniziato a seguire anch’io fino al 1948.

Come cantastorie mi portò via con lui, (il padre) nel 1934, avevo un altro fratello che è quello lì (indicando una foto del libro scritto dal fratello), lui suonava la fisarmonica io cantavo io le canzoni e suonavo la batteria, ce l’ha fatta il gazzettino di Venezia è del 1947 quella foto lì.

Poi litigavamo tra fratelli perché ci impegnavamo.... e mio padre si arrabbiava…tutte quelle robe lì.

 

D: Ma lei ha girato anche con il clarinettista Nadir?

R: Si col clarinettista che era cieco dalla nascita è morto molto giovane poi c’era di mezzo la matrigna, la mamma di mio fratello, che è venuto fuori che quando noi eravamo fuori a suonare lei se la faceva coi militari del 58° fanteria lì a Padova.

Poi Nadir sapeva e proprio il natale del 1942 ci ha raccontato tutto si son divisi e è venuto fuori un patatrac. Poi due anni dopo la matrigna durante la guerra, una granata ferita morente, (e mio padre) non ha voluto andare al capezzale perché l’aveva disonorato; siamo solo andati al funerale che è stato il 24 aprile di mattina, io mio padre il prete e il becchino-

 

D: giravate con altri cantastorie?

R: Noi giravamo da soli, ma ce n’erano molti di cantastorie allora. Nella zona di Pavia c’era Adriano Callegari figlio di Augusto Callegari di Pavia. Poi ancora Tenti un altro pavese poi c’erano i Cavallini.

In Romagna c’era Piazza Marino, Boldrini, Scandellari.

 

D: Però suo padre negli ultimi anni aveva smesso di fare il cantastorie per fare spettacolo viaggiante?

R: Si è stato costretto ad abbandonare il mestiere di cantastorie perché non poteva raccontare le cose che voleva lui, a fare il “treppo” come era abituato a fare.

 

D: E quindi ha deciso di comprare un padiglione viaggiante?

R: Esatto, l’ha comprato a 500 mila lire in cambiali da 50 mila al mese. Abbiamo cominciato con la amadriade qui, due fagiani, un paio di scimmie e un serpentello e si praticava il prezzo di 100 lire per persona per l’ingresso nel 1948. Con su un disco acquistato alla Phonola (dietro la stazione Nord) con un gran ruggito da leone, dopo la gente quando veniva fuori ci guardava male, ci guardava brutto! perché era proprio un imbroglio!

 

D: Durante l’imbonimento sul libro si parla che suo padre era vestito da soldato coloniale.

R: qui sul libro*(1) è sbagliato ero io vestito da coloniale e avevo un palchetto sopra la cabina del serraglio, perché dovevamo fare concorrenza perché c’erano alcuni più forti di noi, allora io tiravo una corda con una molla attaccata alla gabbia, poi ogni tanto sparavo in aria avevo un cappello da cow boy ero vestito come un brutto tipo indiano.

Mio fratello faceva l’imbonimento, la matrigna stava alla cassa e rubava i soldi dell’incasso e ci ha mandato alla rovina, non so se …. Quando ci siamo divisi, nel ’61 io sono venuto via con 50 mila lire e un camioncino e basta! In provincia di Rovigo c’è un palazzo che varrebbe miliardi! Tutti soldi che rubava!

Nel 1948 per 150 mila lire! Quando un operaio pigliava, non so ma prendeva poco, erano soldi

 

D: avete anche aumentato gli animali del serraglio oltre la amadriade, che è un babbuino?

R: Si, il giorno di ferragosto siamo andati a comprare un coccodrillo piccolo, due scimmie un serpente e una iena, dal Circo Iaris poi abbiamo comprato un leone di 4 mesi a Modena per 90 mila lire, era un po’ rachitico!

 

D: Quindi li ammaestrava?

R: Si, un po’; Si gli davo da mangiare e da bere e li facevo anche lavorare un po’, qualche capriola

 

D: Venivano curati da dei veterinari?

R: No i veterinari venivano quando si ammalava una scimmia e gli davano una pastiglietta quando, non c’era più niente da fare, per farla morire prima.

 

D: Gli altri concorrenti?

R: Si ce n’erano come noi.

 

D: Dove andavate?

R: Giravo, Giravo, Beh, andavamo a Genova d’inverno, poi andavo a Chiavari per Sant’Antonio Abate, poi da lì passavamo a Chiari, in provincia di Brescia, per Santa Faustina, a volte siamo andati a Bussolengo per San Valentino il 14 febbraio. Poi a Trento a Vicenza, Padova, Mestre, in Romagna, un po’ dappertutto.

Poi il 27 novembre 1961 abbiamo venduto tutto a uno di Crevalcore, dopo sono andato a Genova con mia suocera che aveva un tiro a segno e da lì è cominciata un’altra vita, più grama, più misera. Giravo facevo Como Camogli, Recco si tirava avanti insieme ai cognati, un gruppo di gente che come mestiere girava. Poi ho avuto un tiro a segno di otto metri. In seguito poi ho messo giù “un calcio di rigore” i giocatori tiravano un pallone e io lo paravo, avevo un omino che si spostava. Dal ’66 ho fatto quel lavoro lì, ho allevato i due figli, uno ha già 46 anni e una figlia di 43.

Ho anche lavorato in fabbrica alle “Tre Marie” dove fanno i panettoni, e praticamente la pensione l’ho avuta perché ho lavorato lì.

 

D: I suoi figli l’hanno seguita in questo lavoro?

R: Mio figlio è venuto anche lui per qualche anno, gli avevano chiesto di rimanere per sempre, ma lui ha rifiutato, poi ha messo su anche lui alcuni giochi: la bocciofila con le palline e poi la “Palla Canestro”, io mi sono liberato del mio e l’ho dato in gestione. Ho fatto l’errore io di venire qui (Luna Park vicino aeroporto Forlanini) vendendo tutto al Circo Orfei, che avanzo, avanziamo ancora più di quatto milioni di lire. Comunque l’errore l’ho fatto io perché invece di reagire come ha fatto mio fratello che è andato avanti con gli animali che è andato avanti ancora per un po’ di anni.

Gli animali ho dovuto darli via, che nessuno più li voleva e per mantenerli andava via più dell’incasso.

Praticamente dopo quel tragico incidente di mio padre, nel ’50, ad Asti dove oltre a mio padre morì anche il nipote della matrigna, un bambino di 14 anni che hanno portato all’ospedale che parlava e rideva poi improvvisamente è mancato.

 

D: Diceva che era rimasto ferito anche lei?

R: Si a Trento presi un leopardo che aveva alle estremità aveva rotto le falangi e non potevano più farlo vedere nel circo, allora lo comprai io per 100 mila lire e mentre cambiavo la paglia è uscito con le zampe davanti e mi ha ridotto ad una maschera di sangue, ho trovato un bravo giornalista e sono andato a finire sul corriere, sulla stampa nel 1959 ho preso un sacco di soldi.

 

D: Di assicurazione?

R: No di incasso perché quella volta, ricordo, abbiamo fatto un incasso di più 500 mila lire in un pomeriggio (a 100 lire il biglietto!) eravamo davanti alla Stazione ferroviaria di Trento.

 

D: Cosa succedeva, suo fratello faceva l’imbonimento, la gente entrava e lei cosa faceva?

R: Io ero in basso in una fossa alla “francese”, la gente girava sopra e io ero in basso che davo le spiegazioni, il fatto e così, i momenti più belli sono stati quando siamo andati a Sampierdarena nel novembre che c’era tanta gente e si riusciva a fare anche 100 /130 mila lire di incasso che adesso me li sogno quelle cifre! Fino agli anni ’60. Poi andavamo a Genova a fare il Natale e quante volte abbiamo dovuto spiantare di corsa perché quando c’erano le mareggiate il mare veniva fin lì, una discarica dove c’erano dei venti di tramontana ah! Una vita tremenda!

Altro fatto: eravamo a Mondovì in provincia di Cuneo nel febbraio del ’56 è successo che una notte è venuto un freddo , con 32 gradi sotto zero con la neve di un metro e mezzo, vado a vedere la sera gli animali erano tutti vivi nella paglia, la mattina tutti morti: broncopolmonite, s’è salvato solo il leone, le iene e l’orso. Tutte le scimmie e i serpenti tutti morti.

 

D: in quegli anni dove vivevate?R: Noi avevamo un “635” a Corriera pagato più di 4 milioni e mezzo a Como, erano soldi allora! Lì dentro ho vissuto per un bel po’ poi l’abbiamo svenduto per 90.000 lire a Pavia. Il motore, lo ricordo, era grosso di quelli che si mettono sui barconi. Finché sono venuto qui, al quartiere Forlanini dove vivo tuttora, che sono poi due moduli prefabbricati che ho messo assieme. In una vera e propria casa viaggiante.

I primi quarant’anni li ho vissuti girando e lì giri di giorno, di notte e di sera, incassi favolosi e sempre questa zecca che succhiava, succhiava e portava via, liti tra me e mio fratello!

 

D: Però lei che le ha vissute entrambi, se dovesse scegliere la vita da viaggiante o da stanziale quale preferirebbe?

R: Sicuramente la prima. Perché era più di soddisfazione, poi io che facevo il domatore ero molto apprezzato anche dalle ragazze che mi buttavano un sacco di bigliettini….

 

D: Dopo lei non è andato a prendere un circo vero e proprio e qual è la tecnica per ammaestrare gli animali, ha imparato da qualcuno?

R: Ma bisogna prendere un po’ di confidenza con gli animali, piano piano.

 

D: C’è da fidarsi?

R: Infatti l’orso, è stato a Padova nel 1957 di domenica ho avuto un incidente. Avevo una pera in mano, glielo data, la leccata e poi “trac” l’orso mi ha preso questo dito qui che è tutto rovinato mi ha morsicato. In più dovetti andare all’ospedale in bicicletta 5 o 6 chilometri in bicicletta così ferito! 75 giorni di ingessatura, me l’hanno riparato senza cucirlo.

Poi l’orso l’ho tenuto ancora ma è morto perché a furia di tenerlo in gabbia gli si è formata una piaga nel sedere e poi è morto.

 

D: Quale era la tecnica per addestrarlo, gli dava un compenso?

R: Ma gli davo da mangiare, degli zuccherini, non li ho mai picchiati e tengo a precisare che li tenevo in gabbia.

 

D: con suo fratello come eravate organizzati?

Mio fratello purtroppo, quando mio padre è morto ci sono state delle incomprensioni tra mio fratello, io e la matrigna. I nostri parenti ci hanno messi in guardia quando mio padre è morto, han detto guardate che quella lì vi frega. Poi nel ’57 mi sono sposato e ci siamo separati. Sempre assieme si viaggiava!

Dopo volevamo andare via per conto nostro, poi lui ha capito di aver sbagliato, ma abbiamo fatto delle liti tra fratelli che sono intervenuti anche i carabinieri perché lei (la matrigna) si è intestata tutto, e così poi è stato ci sarebbe da scrivere un’odissea.

 

D: Avevate dei concorrenti, altri che facevano il vostro stesso mestiere che avevano dei padiglioni?

R: Si c’era il Bayro, Matera del circo Togni, il nipote il Diana, poi c’era Amadio.

A Varese abbiamo anche fatto società. Ci si trovava la giù alla stazione dei pullman con Anastasio e all’estero però non sono mai andato, solo in Svizzera da qui. Facevo Milano Lugano e ritorno anche questo qui è uno sbattimento da non dimenticare quando impiantavo i guard- rail sulle autostrade a 8 franchi all’ora per integrare l’altro lavoro.

 

D. Di questa sua attività qui all’Idroscalo ci interessava sapere qualcosa di più?

R.Qui all’Idroscalo è un elettrocardiogramma piatto, perché il padiglione lo mandava avanti mia moglie con mio figlio perché io ho un maschio e una femmina uno abita a Cernusco. Avevo un tiro a segno e un “calcio di rigore”.

Dopo il tiro a segno l’ha preso mio figlio e ho tirato avanti con il “calcio di rigore” finché l’avevo io andava bene, come mio figlio ha voluto cambiarlo e fare il tiro col piede dentro nei buchi, che c’era il telefonino di premio…in quattro e quattr’otto è andato giù è andato a zero proprio.

 

D: ho visto che qui ci sono impianti in grande stile….

R: Beh ma non guadagnano più niente è in declino, io qui il giorno di Pasqua di qualche anno fa ho preso in un giorno solo 1.500.000 a 50 lire al tiro( nel ’86)! Adesso non fanno più niente perché adesso c’è ancora ma non fanno più questi incassi! Adesso l’ho dato in mano ad un ragazzo giovane, m’ha detto che l’ha dipinto di nuovo, ce l’ha in gestione lui, vediamo se la pianta ritorna su….

Se no posso venderla! Perché c’è stata l’occasione di venderlo, ma mio figlio non ha mai voluto poi dopo è andato completamente a terra. Colpa anche dell’euro.

 

D: Lei sa anche suonare? Ha imparato da suo padre?

R: Si suono la fisarmonica a orecchio, non me l’ha insegnato nessuno. Quel giorno in cui mio padre si divise dalla moglie, perché lei aveva l’amante, un sergente maggiore dei tedeschi nel ‘44 … io imparai a suonare con la fisarmonica di mio padre.

 

D: Che repertorio fa?

R: Operette anche opere, valzer celebri.

 

D: suonava anche in piazza?

R: No non ho mai suonato in pubblico con la fisarmonica perché appena finita la guerra suonavo la batteria nelle sale da ballo nei paesi, mi davano 1000 lire a serata.

 

D: Alcuni raccontano che suo padre quando era in piazza, durante il fascismo, cantava Vincere andando indietro è vero?

R: No è una diceria, non è vero. L’8 settembre (del 1943) eravamo a Vicenza, è stato portato in questura quel giorno lì l’hanno minacciato di… ma questo è stato inventato come la storia del clarinettista, che avevano un tandem a tre posti, lì del Nadir, che quando c’era una salita, lui era cieco……. Una volta c’ero su anch’io e siamo caduti nel Po con la neve, abbiamo dormito nelle stalle …. che vita che abbiamo fatto! Andavamo a mangiare nelle trattorie a mangiare il primo: “…di secondo cosa portiamo?” …No, No pensiamo noi e alè: bologna e pane…. Anche queste sono cose che io non ho dimenticato!

 

D: Il periodo migliore, quindi è stato da quando suo padre ha fatto il cantastorie?

R: Soldi non sono mai mancati perché mio padre oltre a fare il cantastorie suonava nei circhi, nelle trattorie e poi allora io ero ancora a casa nel ’33 a Ivrea, ha incontrato uno che gli ha fatto vedere un orologio con la medaglia di Matteotti… e gli ha chiesto: “Lo conosci questo qui?”. Alla notte alle 3, son venuti a prenderlo. Quando è uscito ha detto: sei ancora socialista ”Si io ci sono e lo sarò sempre…socialista!

 

D: Suo padre ha avuto problemi durante il fascismo?

R: No, no niente. Dopo a Padova, con il questore di Padova, ma dopo la Liberazione, per le barzellette….

 

D: Avete tentato anche voi di fare i cantastorie?

R: Si. è stato ad Abano nel ’44 che mio padre aveva una sciatica… allora abbiamo provato noi eravamo tutti e due imbranati ragazzi! …non si avvicinava nessuno…una cosa che non ho dimenticato neanche questa!

 

D: Oltre a cantare vendevate anche qualcosa?

R: Si le canzoni i canzonieri o i fattacci, i fatti che mio padre sapeva spiegarli bene!

Tanti li facevamo stampare noi, andavamo a Foligno o a Fiorenzuola D’Arda e a Reggiolo dai Fratelli Corsetta.

 

D: Le canzoni le scrivevate voi?

R: Si, prendevamo dei fatti di cronaca poi con la rima….ma non mi ricordo più…..

Mi ricordo di quel reduce dalla Russia, Luigi Lichene, che ha trovato la moglie con un altro oppure “La barbara ostessa” che uccise il bambino….poi tanti altri presi da fatti veri. Non li ho conservati forse potrebbe averli la figlia di De Antiquis, la Dede.

Stamattina ho visto su antenna 3 o telelombardia uno special con la moglie del Cavallini che raccontava, ho visto Adriano Callegari.

 

D: Ha mai lavorato insieme con loro?

R: Si a Chiavari, venivano per Sant’Antonio Abate 3- 4 squadre di cantastorie, nel’50, ‘52, ‘53 fino al ‘55 perché quando c’è stata la rotta del Po a Occhiobello, nel ’50, nel novembre, abbiamo avuto la concessione di andare a Genova il secondo anno che avevo il serraglio: una barca di soldi, a 30 lire al biglietto!

 

D: Come mai avevate avuto successo?

R: Perché la gente non era abituata a vedere gli animali, c’era curiosità di vedere queste bestie strane. Bisognava girare, andare su in montagna, in paesi dove non avevano mai visto una scimmia, nel reggiano fino a Carpineto, in paesi dove parlano il toscano…con un autocarro con il rimorchio e con un crick e una binda perché le curve erano troppo strette ……. Grandi fatiche per incassare poco più di 100 mila lire …in un mercato gramo.

 

D: Andavate solo in occasione di sagre o a piazza morta?

R: No, No solo quando c’erano le sagre e mercati grandi.

Come per esempio facevo Porta San Pietro poi spiantavo di notte e andavo a Cerea, in provincia di Verona alla mattina senza dormire, sacrifici. Ci organizzavamo chiedendo i permessi, facevo le domande all’inizio dell’anno.

In Liguria in gennaio, 3 anni a Bologna, 2 anno a San Remo e 7-8 anni a Genova. Perché il clima era migliore per gli animali, infatti quando siamo partiti da Udine con la neve abbiamo fatto tutta la Val Padana e arrivare in Liguria sembrava di essere in un altro mondo, faceva un caldo…

 

D: Non è mai andato al Sud?

R: No, mai al massimo sono arrivato a Viterbo, Pisa, Cecina, Livorno fino a Città di Castello. ai confini con le Marche a Marciano di Romagna.

 

D: Avete fatto anche fiere nel piacentino? Si a Borgonovo

Poi a Pasqua in parecchi posti nel Veneto a Corbuda, poi a Brà, a Modena, poi a Reggio Emilia, anche a Gonzaga tante volte anche nei primi anni nel ’48, ho fatto nei pressi di Mantova, Castel D’Ario poi a Governolo, un paesino del mantovano e poi a Gonzaga, da Gonzaga a Santa Maria Venzola, vicino a Reggio Emilia e poi a San Donà di Piave un salto così. Sulla Cisa con il Camion Dodge per andare a Berceto sulla Cisa ho fatto cose che non si possono neanche immaginare!

Vendevo canzonieri acquistati a Fiorenzuola D’Arda, Reggiolo e a Foligno ecc.

 

D: Qui l’imbonimento lo faceva suo padre?

R: Si io vendevo solo i canzonieri

Quando sono scappati dopo l’8 settembre del ’43 il padre è stato chiamato in questura per accertamenti, niente di più poi è stato rilasciato e i tedeschi sono arrivati il 9 mattina, così siamo scappati e siamo andati a finire a Ponte di Barbarano in mezzo a un campo di uva bianca vicino siamo stati un mese perché c’erano i parenti di mia matrigna e da lì poi a Bassanello nel mese di ottobre, poi non ci siamo più mossi.

 

D: non c’era il rischio che suo padre fosse richiamato, perché se era del 1904?

R: No, l’età c’era ma ...

Senza contare che poi sono arrivati i tedeschi e mio padre andava a suonare: io suonavo la batteria e mio padre la fisarmonica poi c’era un cugino del Nadir che suonava il saxofono contralto. Mentre suonavano lui ha preso una borsa con dentro cartine geografiche e quelle robe lì. La notte verso le tre son venuti da noi…han preso mio padre c’han puntato il fucile, poi mio fratello l’han picchiato (che aveva 14 anni. che poi gliel’ha detto che era stato questo qua. Sono andati da lui e l’han fatto fuori: si chiamava Menabò Lido. E’ successo a Ceneselli nel famoso inverno del’44. È morto senza motivo, perché ha portato via la borsa così, per cleptomania. Allora erano tempi che ci si arrangiava, anch’io da bambino ero un mezzo monello.

 Non ho dimenticato alcuni aneddoti, neanche il mezzo salame che ho portato via….

Poi per mangiare andavo a suonare Giovinezza e tutte quelle canzoni fasciste, così dopo la liberazione mi hanno messo in mezzo alla piazza del mio paese a suonare Bandiera rossa tutto il santo giorno!

E io mentre suonavo alle donne le facevano la pelata a quelle ausiliarie lì. Me lo ricordo bene!!!

 

D: la facevano suonare perché prima suonava per i tedeschi?

D: Si, ma nell’ottobre del ’44 avevo 18 anni e è venuto fuori un bando che dovevo andare al fronte oppure al lavoro in Germania, così piuttosto andavo a suonare.

Dopo sono andato a finire negli ultimi mesi sono andato a finire nella TODT, andavo a scavare le buche e in una di quelle buche mi sono salvato, perché gli americani con l’artiglieria sparavano.

I genitori della mia matrigna sono morti proprio per gli americani. Mitragliavano quando vedevano quelle buche lì. E dove arrivavano le granate era un disastro!

 

D: Eravate sulla linea gotica?

R: Si eravamo proprio vicino a Ferrara, eravamo sul confine tra Mantova, Ferrara, Modena e Rovigo.

 

D: Ci interesserebbe anche sapere quali erano i repertori che suonavate con la fisarmonica.

R: Vi farò una cassetta delle canzonette che suonavo.

Con mio padre io non ho mai suonato in piazza. Io vendevo le canzoni

 

D: Però quando avevate il serraglio lei suonava?

R: No lì suonava mio padre, ogni tanto veniva fuori mio padre con la fisarmonica poi io venivo fuori col serpente al collo o le scimmie e poi avevamo un altro padiglione, si chiamava la donna giraffa. Una donna col collo lungo, ma ci volevano due donne e io mi preparavo queste donne qui, perché erano liti a non finire.

Mia moglie l’ho conosciuta nel 1951 a Vercelli giocando a ramino e si è innamorata di me, perché

Io avevo un vizio mi lamentavo, bestemmiavo, quelle robe lì e lei si è innamorata per quello, poi mi faceva gli scherzi quando passavo col secchio degli animali…. Però a me piaceva sua sorella…

Che ha sposato un viaggiatore anche lei un certo Agazzi francese.

 

D: Quindi praticamente vi conoscevate …eravate tutti dello stesso ambiente, anche suo fratello si è sposato nell’ambiente del Luna Park?

R: No mio fratello ha sposato la moglie di un giornalista., Poi un’altra volta si è sposato con una infermiera più grande di lui che è morta, prima ancora con la matrigna quindi gallina vecchia fa buon brodo. Adesso lui è del ’30 e sua moglie è del ’27 è sempre andato a cadere con delle donne anziane. Adesso lui è in pensione però fino a quest’estate aveva anche lui il calcio di rigore, lo caricava sul tetto della macchina poi l’ha messo in vendita e si è ritirato definitivamente.

 

D: Quindi il tiro a segno era quello di sua moglie?

R: Si quello di mia moglie che mia suocera morì nel maggio del 1969 qui a Milano in Piazza Gabrio Rosa zona Corvetto.

La fisarmonica di mio padre l’ho bruciata qui nel 1967 ho fatto un falò costava 200 lire l’ho fatta fare a Vercelli nel 1932. Mantovani Dario Bertoni-Locatelli Vercelli. L’ho bruciata perché perdeva aria ma se l’avessi ancora!.

 

*(1) Delfino Mantovani sfoglia il libro dal titolo Dario Mantovani “Taiadela” Di qua e di là dal Po- La vera storia del grande comico-cantastorie raccontata dal figlio Dino, scritto da suo fratello e ricorda in base alle fotografie

 

 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

 G.P.Borghi/G.Vezzani La compagnia canzonettistica “Tajadela”Dario Mantovani e Nadir Bernini in “La Bassa Modenese.Storia tradizione ambiente.II (1982)

G.P.Borghi/G.Vezzani,”Taiadela” e “Sirudela”: due cantastorie, due epoche. Testi e documenti,in “Quaderni della Bassa Modenese (1990)