CANTASTORIE E LISCIO

 

Lo scorso anno il convegno che si tiene a Motteggiana (MN) per “Il giorno di Giovanna”, iniziativa dedicata alla grande cantante popolare Giovanna Iris Daffini, aveva come titolo “Dai cantastorie al ballo liscio”. Numerosi sono stati gli interventi, ma in realtà nessuno ha preso in considerazione in modo concreto questo tema. Si è parlato di liscio ambrosiano, di liscio come intrattenimento nei centri anziani, dei repertori a ballo delle bande musicali, di virtuosismo ed abilità nelle musiche da liscio eseguite con la fisarmonica.

Quanto segue è un tentativo parziale di affrontare il rapporto tra cantastorie e musica da ballo con una serie di informazioni e notizie ricavate prevalentemente dalla rivista Il Cantastorie e dai due volumi di C’era una volta un treppo … curati da Gian Paolo Borghi e Giorgio Vezzani, edito dalla casa editrice Forni.

Sulle fonti citate si trovano una serie di testimonianze dirette, di interviste e di schede biografiche, di note riguardanti famosi cantastorie che ne documentano i percorsi artistici.

 

La prima testimonianza è di Marino Piazza che ricorda “ giravano ( Romolo Bagni e Lucia De Antiquis) con il cavallo, e tutte le sere andavano a dormire allo stallo, non erano mai a casa loro, giravano tutta l’Italia cantando, suonando e andando alla sera a suonare per le osterie che la gente li accettava molto volentieri perché lui suonava molto bene il violino e lei lo accompagnava bene”[1]

 

“Adelmo Boldrini con l’aiuto di un autodidatta, Aldo Balotti, conosce i primi segreti della fisarmonica e, dopo qualche tempo, forma un orchestrina da ballo con alcuni compaesani…

…Il loro repertorio è soprattutto costituito da “fatti”, parodie, contrasti, canzoni di musica leggera, barzellette e brani del cosiddetto” ballo liscio”……”[2]

Anche la moglie Olga Cocchi e la figlia Dina Boldrini, che sono state cantastorie, raccontano del marito/ padre che suonava musica da ballo per le gare e anche con Castellina - Pasi[3]

 

Sempre Marino Piazza ricorda Carlino (Renzo Scaglianti) “ …bravo suonatore di fisarmonica e appassionato nel divertire la gente, alla sera nelle case dove c’era una piccola sala da poter ballare lui era sempre disponibile per suonare assieme a qualche amico….”.[4]

Raccontando di un altro grande cantastorie, Mario Bruzzi , “…Bravo concertista. Prima cornetta nella Banda Musicale di Solignano di Modena…”[5]

 

Nel capitolo dedicato ai cantastorie veneti e in particolare nel paragrafo Protagonisti e comprimari tra padovano e rodigino è riportata parzialmente una intervista a Domenico Gazzuola:

“Ho cominciato a studiare il violino da undici anni, poi.. ho cominciato a suonare da ballo, avevo diciotto anni…casa, ne le picòe balere, pure proprio in orchestra, cò la nostra orchestrina ‘nsoma locale, poi del trentadue ho cominciato a girare (…)

E la matina si faceva il mercato con le cansoni, e il pomeriggio dove erino invitati si andava a suonare da ballo...”[6]

 

Poco prima nel capitolo dedicato alla figura di Dario Mantovani “Taiadela”, si legge a proposito del suo collega di piazza Nadir Bernini:

“ … quanto attiene al repertorio di Nadir Bernini in prevalenza costituito da musiche ( valzer, polke, mazurke, tanghi ecc) non di sua creazione, impreziosite, tuttavia, da un virtuosismo non documentabile…”[7].

 

In un intervista raccolta da G.P. Borghi, Sigfrido Mantovani così risponde alla domanda

Avete inciso dischi?

R. Si, sempre con la Columbia e l’Odeon. Avevo tutti e tre i dischi, ma però in tutti e tre io con Battista Cattaneo, professore di tromba, chitarrista, sempre la Czardas, disco per conto nostro. Dall’altra parte un valzer, oppure la Mazurca di Migliavacca[8]

 

In un altra intervista Eugenio Bargagli, decano dei cantastorie italiani, scomparso nel 2008 racconta:

“In questi ultimi anni io, dopo cessato di fa’ il cantastorie, ho messo su l’orchestra con i miei figlioli, con la femmina e il maschio no?, la femmina, Mirella, che canta tutt’oggi. Poi, prima di mettere su l’orchestrina, Mirella ha cantato tante storie con me. Ora, sa, questa orchestrina che tutt’oggi facciamo il liscio nelle sale da ballo, sagre, spettacoli, Feste dell’Unità…”[9]

 

Su Il Cantastorie vengono ricordati   I cantastorie di Faenza e viene riportata una conversazione con Glauce Grassi ( 1919, meccanico)

Suonavate anche da ballo?

“Si, anche da ballo, con mio babbo uscivo spesso a suonare. Ci andavo io e mio babbo e poi ci andava uno che si chiamava Vasco, col violino, poi c’era Bucin con la chitarra. Suonava bene. Lavoravamo abbastanza, ecco, mi piaceva molto, mi piacerebbe anche adesso. Allora uscivamo e ci divertivamo”

Che repertorio avevate?

“Ballabili, valzer e musiche di allora, canzoni e ballabili, molte canzoni di voga allora, valzer, mazurke, polche e tanghi”[10]

 

Nel 1993 in una intervista Piero Piazza ricorda il fratello Marino scomparso da poco.

Dom.: suo fratello (Marino Piazza) come ha cominciato a suonare il clarino?

Risp. Il clarino è andato a scuola da un maestro della Banda di Calcara e suonava anche nella banda (…) dopo dalla banda ha imparato dei pezzi da suonare da ballo polke e mazurche che una volta la gente ballava al suono del clarino[11] 

Piero Piazza, musicista professionista ha suonato in diverse orchestre e in una sua, ma in gioventù ha accompagnato il fratello nell’attività di cantastorie

 

Presentando Bruno Carbone e il suo gruppo “Bravom”, nelle note si legge:

Il gruppo “Bravom” di Carbone ( che si definiscono suonatori da cortile) si esibisce in occasione di matrimoni,cresime, feste di paese,raduni degli alpini, feste dei coscritti, recite teatrali. Il repertorio comprende in massima parte musiche da ballo e canzoni che raccontano la vita delle Langhe…..[12]

In una intervista Carbone afferma:”…fisarmoniche e poi a volte la chitarra, suoniamo anche un po’ la chitarra, poi abbiamo degli amici al nostro paese che c’hanno clarino, sassofono, il basso a fiato, per darci una mano, quando facciamo delle sere da ballo liscio….”[13]

 

Un altro cantastorie piemontese, Ugo d’Verdun ( Ugo Novo), così risponde:

Dom. E tu quando hai cominciato a suonare il sax?

Risp. Beh, prima ho suonato il clarino. A dodici tredici anni ho imparato il clarino nella Banda musicale del paese (…) andavo a ballare vedevo questi suonatori che suonavano e mi son messo veramente a suonare il clarino nelle orchestre….[14]

 

Anche Antonio Cavallini, cantastorie di Tromello (PV), racconta:

“…quindi ho sempre fatto il salariato e sono sempre andato a suonare da ballo anche nelle sere nelle osterie da ballo, nelle cascine, nelle frazioni così e vedevo che guadagnavo molto bene… ho abbandonato di fare il contadino e mi son messo a cominciare a fare il cantastorie…”[15]

A conferma di quanto sopra la nuora, Vincenzina Mellina, parlando del suocero racconta:

” Aveva iniziato per divertimento, perché lui sapeva suonare la fisarmonica, spesso andava alle feste dei coscritti, alle feste da ballo a “gratis”, poi in seguito ha scoperto che poteva farlo anche di mestiere. Ha cominciato nelle osterie, poi in piazza. Quando andava nelle osterie prendeva con se anche Angelo che aveva nove anni, lo metteva sulla sedia perché era piccolino e gli faceva suonare”[16]

Angelo Cavallini, con la moglie Vincenzina, ha lavorato nelle piazze del nord Italia per diversi anni, prima con il padre Antonio e successivamente con Antonio Ferrari e Adriano Callegari

 

In un opuscolo di presentazione dell’attività di Giampaolo Pesce si legge:

“Gli antenati di Giampaolo Pesce, il nonno Paulino e il papà Bepìn erano piuttosto suonatori di fisarmonica apprezzati, ricercati ed ingaggiati per le feste popolari della Val Bormida e del Basso Piemonte, che non cantastorie veri e propri”

La vocazione di cantastorie Giampaolo l’ha nutrita nelle sue precedenti esperienze musicali, determinante quella con il compresso dei Brav’om – e con i contatti avuti, durante i suoi viaggi in Italia e all’estero,con altri professionisti dello spettacolo di strada[17]

 

Nelle note di presentazione di Piero Corbari, cantastorie ravvenate, che ha suonato con Lorenzo De Antiquis si legge:

…per dedicarsi al mestiere di cantastorie, che svolge ormai continuativamente da quattro anni. In precedenza Pietro ha suonato la chitarra basso in un complessino assieme ad alcuni amici e si è interessato particolarmente degli aspetti della cultura musicale romagnola.[18]

 

Una sintesi esemplare del rapporto tra liscio, o musica da ballo, e i cantastorie è esemplificato nella figura di Ugo Zeppellini così descritta nel libro citato di Borghi/Vezzani:

Crediamo di poter affermare che il repertorio popolaresco dei cantastorie e dei suonatori ambulanti rappresenti la continuità (sebbene in una misura as­sai deteriorata) tra la tradizione etnica del ballo popolare e quella del ballo li­scio (quello autentico, non esasperato dalla moda attuale). A questo proposito riteniamo esemplare la figura del suonatore ambulante Ugo Zeppellini. Le esperienze musicali di Zeppellini (Ostiglia (Mantova), 1898 - Mirandola (Mo­dena), 1966) si collegano agli anni che segnano il definitivo tramonto del ballo etnico e la contemporanea ascesa del cosiddetto ballo liscio (valzer, polka, ma­zurka). Clarinettista autodidatta, esordisce nel mondo delle osterie e delle fe­ste da ballo unendosi al fratello Alvise, che già suona la fisarmonica. La sua scelta è inizialmente determinata dalla difficoltà di trovare un lavoro stabile (è falegname), ma, con il passare degli anni, si affeziona al mestiere del suonato­re ambulante che gli consente di sbarcare il lunario senza compromessi. Alla morte di Alvise (più volte bersagliato dai fascisti), trova in Ettore Bussolotti (Schivenoglia (Mantova), 1885-1959), fisarmonicista quasi cieco, il “socio” di gran parte della sua attività di artista girovago. Da Correggioli di Ostiglia si trasferisce a Schivenoglia ed intensifica i suoi itinerari toccando soprattutto il Basso Mantovano e le vicine località del Veronese e del Modenese, con rare “puntate” anche nelle province di Bologna e di Ferrara. Ricorda il figlio Guido: «Si trovavano in un paese, trovavano venti persone che se li tiravano a casa: un pezzo a casa da uno, un po' a casa dall'altro... se li litigavano questi suonatori.

E alla sera, baldoria fino a mezzanotte, e poi magari andavano a dormire nella stalla. [...] Loro andavano dentro in una fattoria, magari per chiedere da bere, una bottiglia di vino, poi, a un bel momento, per quindici giorni non andava­no via, per quindici giorni c'era baldoria..

Il suo repertorio si compone di brani di musica lirica (in uso anche per banda), operettistica e ballabili, tra cui la Mazurka di Migliavacca, il Valzer di Massari (o Marzari) ed i motivi variati, per clarinetto in si bemolle e fisarmoni­ca, del reggiano Tienno Pattacini.

Nel 1933 Zeppelini si porta con la famiglia a Mirandola e, per diversi me­si, collabora anche con Antonio Scandellari e Maria Molinari, cantori ambu­lanti di Crevalcore (Bologna).

Pur restando l'osteria il suo regno incontrastato, quando si trova a Miran­dola non manca di esibirsi, durante il mercato, con i cantastorie via via presen­ti, come Dario Mantovani (Taiadèla.) e Nadir Bernini, Marino Piazza (Piaz­za Marino il poeta contadino ) e Giovanni Parenti ( Padella ). I figli non vedo­no favorevolmente il suo lavoro, considerato da molti come una forma di accat­tonaggio, né il suo continuo allontanarsi da casa senza dare notizie di sé. Gui­do Zeppellini, a tale riguardo, riferisce il seguente episodio: “Noi eravamo pri­vi di loro anche quindici giorni. Si figuri, è morto suo papà, mio nonno [...], cosa faccio? Il figlio purtroppo deve cercarlo. Mi ricordo che era un giorno che pioveva a dirotto. Partii con una Lambretta, ho girato tutto il mantovano fino a Sermide, perché io sapevo che era in quella zona. Beh, ho girato dalla matti­na alla sera, senza mangiare, infangato fino all'osso del collo, non son riuscito a trovarlo».

Ugo Zeppellini continua a suonare fino agli ultimi anni della sua esisten­za, aggiornandosi con l'ascolto dei dischi. Motivi d'orgoglio della sua attività artistico-popolare sono costituiti da alcune audizioni radiofoniche, dall'invito (accolto con un fermo rifiuto per il timore di perdere la sua libertà d'azione) a far parte della formazione orchestrale di Secondo Casadei e, infine, da un me­morabile concerto tenuto negli anni Trenta nel teatrino di Schivenoglia[19]

 

Sia su C’era una volta un treppo che su vari numeri de Il Cantastorie sono pubblicati i dischi e le musicassette   prodotte dai cantastorie. A titolo esemplificativo se ne riportano alcuni titoli dove è indicato chiaramente il riferimento a brani ballabili:

ALLEGRI CANTASTORIE

Valzer delle tagliatelle - Polca Marcellina - Valzer dei cantastorie - Polka Dina - Valzer delle ferie - Polka Birichina - Valzer carnevalesco - Polka Valentina

 

BRUNO MARCACCI Valzer di mezzanotte - Speranze Perdute – La comparsita – Mazurca del cu cu di Bondioli - Valzer dei ricordi – –Valzer dei poveri –Valzer della scala – Valzer dei belli - Le onde del Danubio – Valzer dei gabbiani – Valzer del pipistrello[20]

 

CASETTE E DISCHI DEI BOLDRINI

Valzer dei cantastorie – Polka Dina – Valzer con ocarina – Polka Silvestrina – Valzer delle ferie – Mazurca dell’arcolaio – Polka Valentina[21]

 

Altri titoli su cassette di Marino Piazza e Allegri cantastorie

        Polchettina all’antica – Il mio clarino (valzer) – Mazurca dell’Arcolaio

 

 

Da questo materiale per quanto parziale e non esaustivo, ma che riguarda e coinvolge molti cantastorie attivi nel Novecento, si può chiaramente rilevare lo stretto e per certi versi mai sciolto legame tra il liscio e l’attività dei cantastorie, almeno nell’area del nord Italia.

In parte si deve rovesciare il rapporto che diventa dal ballo liscio ai cantastorie.

Infatti gran parte di coloro che hanno esercitato in modo più o meno continuativo il mestiere di cantastorie sono stati prima suonatori, di uno o più strumenti, in gruppi, complessi, bande e orchestrine o anche suonatori ambulanti.

Sembra che solo i figli d’arte come Lorenzo De Antiquis o coloro che si sono caratterizzati prevalentemente come cantanti non siano passati per l’attività di musicisti da ballo.

Gli esempi riportati privilegiano il rapporto esplicito tra attività di suonatore per il ballo e la successiva o parallela scelta di fare il cantastorie. Non sono stati evidenziati i rapporti tra cantastorie e suonatori ambulanti e canzonettisti che sono anch’essi molto importanti. Non si deve dimenticare, ad esempio, che cantastorie come Antonio Ferrari e Adriano Callegari in più occasioni hanno dichiarato di essere nati come canzonettisti e solo successivamente essersi definiti cantastorie. La stessa organizzazione A.I.CA nasce prima come Associazione Italiana Canzonettisti Ambulanti e solo in un secondo tempo prende la denominazione di Associazione Italiana Cantastorie.

A integrazione di quanto sopra nell’ intervento di G.P.Borghi e G.Vezzani al convegno “Giovanna Daffini L’amata genitrice”, svoltosi a Gualtieri il 30 e 31 maggio 1992, e pubblicato negli Atti, si accenna ad un tema correlato e che ne ribalta nuovamente i termini:” Dalla piazza al ballo liscio e alla orchestrina: ecco un altro tema. Per restare in terra Emiliana, si possono citare le esperienze dei fisarmonicisti Luigi Stocchi, in arte Gigi Stok ( attivo nel parmense con il padre Aldo, cantastorie-fornaciaro) e i bolognesi Piero Piazza e Emilio Neri, per qualche tempo assidui acccompagnaori rispettivamente del fratello Marino e del patrigno Antonio Scandellari. E’ altrettanto noto, nel mondo della piazza, l’operare in più campi passando da un’ attività all’altra oppure fornendo esponenti di una stessa famiglia a più “discipline”[19]

Per quanto riguarda i cantastorie del Sud e il loro rapporto con la musica a ballo, nei testi consultati non sono emersi elementi significativi ed è quindi necessaria una specifica ricerca in merito.

Lo stesso cantastorie Franco Trincale a Milano agli esordi della sua carriera nei primi anni ’60, si esibiva come canzonettista, interpretando brani in voga come Tazze caffè Parise, o sole mio ecc..

Sarebbe interessante anche fare un analisi musicale dei brani a ballo composti dai cantastorie, per capire se sono musiche originali o prese da altri autori.

Ballabili e canzoni in voga sono state spesso utilizzate per formare il “treppo”, al solo fine di intrattenimento, avviare lo spettacolo e il successivo imbonimento.

Le necessità della vita e l’esigenza di mettere assieme “ il pranzo con la cena” hanno spesso portato questi artisti a cogliere ogni occasione di lavoro, musicista da ballo, cantastorie, suonatore ambulante ecc. in una commistione di attività dove i confini sono molto labili o non ci sono proprio.

 



 

 

 

 



[1] C’era una volta un treppo I vol pag 83

[2] C’era una volta un treppo I. pag 94

[3] Il Cantastorie n° 14/15 terza serie pag. 3/4

[4] C’era una volta un treppo I vol pag 99

[5] C’era una volta un treppo I vol pag 100

[6] C’era una volta un treppo II pag 99

[7] C’era una volta un treppo II pag 87

[8] Il Cantastorie n° 29 (48) nuova serie pag 72-73

[9] Il Cantastorie n° 31 ( 51) nuova serie pg. 4

[10] Il Cantastorie n° 28 (47) nuova serie pag. 25

[11] Il Cantastorie n° 46 ( 96) terza serie pag 7

[12] Il Cantastorie n° 53 (103) terza Serie pag 33

[13] C’era una volta un treppo II pag 147

[14] Il cantastorie n° 28 terza serie pag 14

[15] Libretto allegato al disco I Cantastorie pavesi – Regione Lombardia – Documenti della cultura popolare a cura di  

   Roberto Leydi e Giorgio Vezzani

[16] Intervista Vincenzina Mellina Cavallini di Fabrizio Poggi nel libro I CANTASTORIE Una strada lunga una vita

   CEO Cooperativa Editoriale Oltrepò-

[17] Lo Renzo Ciarlone Una fisarmonica e tre generazioni G.Ri.F.L., 1993

[18] Il Cantastorie n° 23/24 terza serie pag 3

19C’era una volta un treppo I pag 204/205

20C’era una volta un treppo II pag 289 e segg

21Il Cantastorie n° 14/15 terza serie pag 3/4

[19] Giovanna Daffini L.amata genitrice Atti del Convegno, Comune di Gualtieri, 1992 pag 98